Nel
mondo postmoderno, dove ogni processo lavorativo casalingo è sottomesso all’uso
degli elettrodomestici, si è persa persino la memoria dell’importanza che hanno
avuto, per secoli fino agli anni Settanta del Novecento, i lavatoi pubblici. I
lavatoi pubblici si trovavano sempre lungo le gore, i canali o fossati, muniti
di acqua corrente, anche nei lunghi mesi estivi.Un tempo i nostri corsi
d’acqua, non solo erano poco inquinati, ma erano più abbondanti, di oggi, di
acque e questo semplice fatto dava la possibilità alle famiglie più povere di
poter pulire la propria biancheria presso questi lavatoi pubblici, muniti
naturalmente e quasi perennemente di acqua corrente. I lavatoi pubblici erano
spesso ubicati nelle vicinanze di qualche “castello”, piccolo borgo o
crocicchio di strade, dove nelle campagne potevano confluire più celermente le
famiglie vicine. Nelle città, questi lavatoi si trovavano presso i quartieri
più poveri e/o malfamati.Vigeva ancora una legge non scritta che diceva “i
panni sporchi si lavano in famiglia”. Questo detto astraeva dal fatto che i
contadini, i braccianti, gli operai, la povera gente delle città e delle
campagne non avevano strutture logistiche, né i mezzi per fare il “bucato” a
casa propria. Questa possibilità era propria delle donne dei ceti più abbienti
della società che mai e poi mai si sarebbero confuse a lavare la propria
biancheria con le “pinzachere” del paese o del borgo. Per queste donne
benestanti sarebbe stata una sorta di declassamento dalla loro condizione di
“signore” per bene, cioè ben educate. La gran massa delle donne delle campagne
e dei quartieri popolari delle città andava a lavare i propri panni nei lavatoi
pubblici. Certamente si usavano anche certe precauzioni e riservatezze, nel caso
che in famiglia ci fosse qualche handidicappato o fosse accaduta qualche
disgrazia particolare che si voleva tenere nascosta agli occhi dei vicini. In
questi casi le donne più anziane andavano a lavare nelle ore notturne, oppure
la mattina prima dell’alba per nascondere “i panni sporchi” che potevano essere
causati da mestrui improvvisi o persino da aborti naturali e/o casuali. Il
lavatoio era, in un certo senso più di un bar, comunque il luogo di
aggregazione e di socializzazione delle donne, dopo la Chiesa, anzi era l’unico
luogo laico e libero in cui la donna, con le sue amiche e vicine, poteva
esternare i suoi vizi più antichi, come la maldicenza verso tutti e tutto il
mondo circostante; ma anche luogo di segreti conciliaboli, dove si tessevano le
trame di nuove amicizie o inimicizie, e anche il luogo dove si organizzavano e
si predisponevano i passi per nuovi fidanzamenti e matrimoni. Insomma, il
lavatoio era un luogo ideale per tessere ogni sorta di nuovi rapporti lontani
dagli occhi indiscreti dei mariti ignari, che in quel momento stavano lavorando
nei campi, nelle stalle, nelle fabbriche e nei cantieri. I lavatoi erano i
luoghi dove si si attingevano le notizie
sugli innamorati, sui loro desideri e gusti, sulle “malìe” che era necessario
mettere in atto per piegarli al loro volere, per renderli succubi. Da questi
incontri si veniva a sapere quali erano i maghi e gli indovini più sicuri per
interpretare il proprio futuro. I lavatoi erano a volte anche fonte di litigi e
discordie fra le famiglie per tanti motivi. Intanto una famiglia numerosa aveva
bisogno di più tempo per il bucato, oppure lo doveva fare più spesso. Non
sempre le donne riuscivano a mettersi d’accordo sui giorni e/o le ore in cui
potevano avere a propria disposizione il lavatoio per i propri bisogni. Ci
voleva una certa elasticità per mettere d’accordo le varie esigenze. Non sempre
le vicine erano in condizioni di spirito per trovare un’intesa e allora
nascevano le invidie e le gelosie che a volte si trasformavano in odi
implacabili che finivano per coinvolgere anche tutti i familiari. Altre volte
la coscienza di bisogni comuni sviluppava il senso di una solidarietà umana e
sociale che spesso diventavano testimonianze commoventi di altruismo e
abnegazione. Oggi l’uso pervasivo e invasivo degli elettrodomestici ha finito
per atomizzare tutti, per rendere tutti più o meno estranei agli altri. E
questo è vero progresso??
Renato
Risaliti
Già pubblicato in: "Il Melograno" BCC Masiano, n. 12 (mag. 2012)
* Pubblicato qui su indicazione del Prof. Renato Risaliti, Presidente dell' Associazione culturale Prometeo Pistoia
Questo articolo è riproducibile, del tutto o in parte, avendo però cura di citare chiaramente l'autore e le fonti.
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