lunedì 1 aprile 2013

Carlo O. Gori. Carducci in Pistoia e le sue amicizie: Louisa Grace Bartolini e Policarpo Petrocchi


Carducci in Pistoia e le sue amicizie pistoiesi: Louisa Grace Bartolini e Policarpo Petrocchi

Due lapidi dedicate alla breve permanenza pistoiese di Giosuè Carducci nel 1860, una posta a lato dell'ingresso del Palazzo della Sapienza (oggi sede della Biblioteca Forteguerriana) dove il poeta insegnò e l'altra all'altezza del n. 23 dell'omonima via (a suo tempo via dell'Amore) dove abitò con la famiglia, ci ricordano che si svolgono quest'anno, per la verità finora un po' in sordina, le manifestazioni per il centenario della sua  morte  avvenuta a Bologna il 16 febbraio 1907.
E' il 10 gennaio 1860 quando il venticinquenne insegnante  toscano arriva a Pistoia per prendere servizio il giorno successivo: è  poeta e gode già di una discreta fama negli ambienti letterari. Aveva infatti pubblicato  la sua prima raccolta di Rime nel 1857 a S. Miniato al Tedesco dove aveva insegnato retorica al locale Ginnasio. 
Nel dicembre 1859 era poi arrivata la nomina che per l'anno scolastico 1859-60 lo destinava, per trasferimento da Arezzo, alla cattedra  di lingua e lettere greche  al Liceo Forteguerri. Un po' di respiro economico per Giosuè che  in seguito alla tragica morte del fratello Dante (1857) e del padre, medico a S. Maria a Monte (1858), aveva ormai sulle spalle tutta la famiglia che campava soprattutto lavorando alla collezione Diamante dell'editore fiorentino Barbèra. Inizialmente in Pistoia abitò da solo, tornando il venerdì dopo le lezioni a Firenze. 
La città di Cino gli piacque subito come testimonia una lettera  alla moglie del 10 gennaio:  “... più che si vede, più apparisce bella città: magnifiche, larghe vie, bei fabbricati, monumenti d'architettura e d'arte non punto volgari”, ed  un'altra, inviata il 12, ad un amico pisano: “In Pistoia spero star bene; bella città ariosa, di larghe vie, toscana di monumenti, ricordanze e lingua”. 
Tuttavia i motivi pratici prevalsero ed il poeta, già il 24 gennaio, si raccomandava al Salvagnoli (allora ministro dei Culti nel Governo provvisorio toscano) ed al Gotti invocando i loro buoni uffici per un trasferimento al Liceo di Firenze:  “...ciò più di ogni altra cosa, varrebbe ai miei studi..., che in Firenze potrei meglio seguitare per le facoltà grandi che dà la città”;  “lo stipendio che ora ho, in città di provincia, priva per me d'ogni altro modo di guadagno, non basta alla famiglia mia”. 
Le raccomandazioni, evidentemente, non funzionarono, pertanto nel febbraio lo raggiunse a Pistoia la famiglia, allora composta dalla moglie Elvira, dalla madre Ildegonda, dal fratello Valfredo e dalla piccola figlia Bice. 
Al Forteguerri Carducci ebbe come direttore Francesco Franchini, rappresentante tangibile dei grandi cambiamenti che stavano avvenendo in quel periodo in Toscana ed in Italia:  già combattente a Montanara, in seguito alla prima defenestrazione dei Lorena era stato nel 1848 ministro dell'Istruzione Pubblica sotto il triumvirato Guerrazzi-Mazzoni-Montanelli, poi con la restaurazione granducale era riparato a Genova, per tornare finalmente a Pistoia richiamato nel maggio 1859 dal nuovo governo provvisorio toscano che gli aveva affidato la direzione del Liceo cittadino. 
Qui Carducci trovò  altri validi colleghi come ad esempio Giuseppe Tigri, direttore della Biblioteca Forteguerriana, (a quei tempi unita al Liceo) che nel 1856 aveva pubblicato i Canti popolari toscani,  e  Pietro Bozzi, ordinario di diritto romano e patrio. 
Il poeta tuttavia sembrò mostrare scarsa stima per il mondo culturale pistoiese, (descrisse il 3 maggio all'amico Chiarini una sua pubblica prolusione come “ ...troppo dotta per i dotti pistoiesi”),  ma ciò non gli impedì di frequentare il salotto letterario di Louisa Grace.Pittrice, letterata, traduttrice, l'aristocratica irlandese innamorata dell'Italia, seguendo i consigli della sua  guida spirituale, il patriota e letterato pistoiese don Angelico Marini, fin dal 1841 aveva scelto di abitare in città  e, volendo proseguire la tradizione culturale di Niccolò Puccini (presso la cui casa aveva inizialmente abitato), aveva fatto della sua dimora di via della Madonna  il ritrovo più dotto della città. 
Dalla matura, ma affascinante Louisa, Carducci, oltre al Marini, incontrò personaggi come Giovanni Procacci, Mariano Bargellini e vi invitò poi i suoi giovani “Amici pedanti”, il Chiarini e il Gargani,  Fra Giosué e Louisa nacque una amicizia che rimarrà sempre forte anche dopo che questa, il 17 febbraio 1860, sposerà l'ing. Francesco Bartolini, di tredici anni più giovane, e dopo che, “auspice Terenzio Mamiani”, il poeta otterrà nell'agosto la prestigiosa cattedra di eloquenza italiana all'Università di Bologna iniziando dal novembre un lunghissimo periodo di insegnamento che durerà fino al 1904. 
I successivi incontri fra i due finirono per alimentare anche voci pettegole circa una loro “storia” densa di particolari piccanti, ma niente sembra trasparire dal  loro fitto carteggio che si interruppe solo con  morte di lei avvenuta il 3 maggio 1865. 
Il Carducci le rese poi omaggio  col saggio critico Louisa Grace Bartolini esaltandone più che le doti di pittrice o di letterata, quelle di esperta traduttrice e di divulgatrice in Italia del poeta statunitense Henry W. Longfellow e dello storico Thomas B. Macaulay autore dei Canti di Roma antica.
Un altro noto personaggio pistoiese che successivamente intrattenne rapporti di amicizia con Carducci fu il letterato e lessicografo Policarpo Petrocchi, oggi ricordato soprattutto come autore del celebre Novo dizionario della lingua italiana
E' a Bologna, nel luglio 1881, che avviene il loro primo incontro. 
Il quarantaseienne accademico ha  definitivamente gettato alla spalle le inquietudini anarchicheggianti di una giovinezza in cui, forse meglio di chiunque altro, con lo pseudonimo di Enotrio Romano aveva saputo interpretare l'anima democratico-giacobina, repubblicana e laica del Risorgimento e sta ora approdando a posizioni conservatrici (con l’Ode alla regina d’Italia, 1878 era ormai considerato poeta “ufficiale” di Casa Savoia), mentre il ventinovenne  Petrocchi, che compirà poi un  percorso politico inverso al  “poeta vate della nuova Italia”, si è fatto notare per una brillante traduzione dell'Assommoir di Zola, lodata dallo stesso grande autore francese, ed è ancora un ammiratore della monarchia. Petrocchi, invitato dal poeta, riceve  le lodi del padrone di casa per i suoi scritti e riporta una buona impressione di Bologna, che vede per la prima volta, dei suoi abitanti e della vita che vi si svolge. 
La visita venne ricambiata il 4 agosto seguente, quando fu Carducci ad andare a trovare il giovane amico nel natio ridente paese montano di Castello di Cireglio. 
Carducci, in compagnia dell'avvocato Giuseppe Barbanti Brodano, scese dal treno a Pracchia e fu accompagnato in calesse a Cireglio dal Petrocchi. Dopo una visita al paese, vi fu una escursione su un colle vicino seguita dal pranzo al Castello, il tutto ravvivato da recitazione di poesie del Fucini, del Rizzi e dello stesso Carducci, discussioni letterarie sul Manzoni e sulla lingua italiana, spiritose conversazioni riguardanti “mille cose”. Gli ospiti passarono la notte nella modesta casa petrocchiana, per ripartire l'indomani mattina, in un legno condotto da Policarpo, alla volta dell'Abetone, dove si incontrarono con Renato Fucini.
I contatti fra Carducci e Petrocchi continuarono cordiali ed abbastanza intensi (nel 1890, per la nomina del poeta a senatore del Regno, Policarpo gli dedicò un'ode buon augurio) fino al 1895 quando un diverbio per motivi politici raffreddò alquanto, da allora in poi, i loro rapporti. 
La scenata avvenne a Roma nel 1895, nella trattoria del sor Enrico in Santa Maria in Via, presso l'angolo di Via dei Crociferi: sedevano a  tavola, oltre ai due protagonisti, altri noti commensali, fra cui Cesare Pascarella. Da notare che in questo periodo il sessantenne Carducci  ha da poco la pubblicato l’ode per celebrare le nozze di Francesco Crispi mentre invece Petrocchi ha maturato posizioni repubblicane, filosocialiste ed è fieramente anticrispino. 
Ma vediamo come poi il lessicografo e letterato pistoiese racconterà l'episodio: «...il Della Porta interloquì, e per provare quanto Crispi fosse un gran galantuomo e il Cavallotti un birbante, si mise a citare un aneddoto sciocco. Io sdegnato l'interruppi: “Ma smettetela: codesto Crispi è il più gran mascalzone che abbia avuto il Regno d'Italia”. Carducci s'alzò invelenito, prese il coltello, pareva che mi volesse fulminare; io lo guardai imperterrito, mi disse: “Esci!”. “Eh, se non è per questo non mi par vero!” gli dissi. “Tu sai come la penso”. “Io so che sono un uomo libero”. E andando via, m'accompagnò con questa frase sardonica: “Un toscanello che s'è fatto manzoniano a Milano”. E io di rimando: “Se mi son fatto manzoniano...”. “Che dici?”. “Se mi son fatto manzoniano è perché non mi son mai fatto servo di nessuno”. E me n'andai». 
Qualche tempo dopo i due ebbero modo di rivedersi grazie al generoso e riuscito tentativo di rappacificazione voluto dal Pascarella e sancito da un lauto pranzo a Frascati. Il Carducci ben accolse Petrocchi scusandosi per lo spiacevole incidente, tuttavia il festoso convivio non bastò a  rasserenare del tutto il clima dei loro rapporti. 
Seguirono altri incontri, l’ultimo avvenne a Bologna il 2 gennaio del 1902: sette mesi dopo,  il 25 agosto, il lessicografo pistoiese moriva a  Castello in seguito ad un malore improvviso. 
Il 15 agosto 1905, il figlio maggiore del Petrocchi, Carlo, riceveva da Alberto Bacchi Della Lega, collaboratore, amico e segretario di Carducci negli ultimi anni della vita del poeta, il seguente biglietto riguardante Policarpo:  «“Fu un uomo buono e valente ed io l'amai molto” così mi disse di scriverle il prof. Carducci che della sua mano inferma non può valersi a risponderle di persona».  
Ed il futuro Premio Nobel poteva avere anche tanti difetti, ma non era uso mentire.

 
                                 
                               Carlo Onofrio Gori                                                       
                                                                                               











Già da me pubblicato in "Microstoria", n. 52 (apr.-giu. 2007), col tit.:  Pistoia “bella città ariosa”. Il soggiorno di Carducci in città, l’amicizia con Policarpo Petrocchi e il circolo di Louisa Grace.

Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore






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