Il memorabile viaggio a
Pietroburgo del pittore pistoiese Niccola Monti
Questo
viaggio è memorabile da vari punti di vista. Intanto non è chiaro quali siano i
motivi veri che hanno spinto questo pistoiese, pittore e carbonaro, ad andare
prima in Polonia, a suo dire invitato dal magnate polacco Ciezskowski, e poi da
Surkov partire per Pietroburgo. Era il desiderio di fare conoscenza con paesi
sconosciuti o quello di affermarsi come pittore all’estero, cioè di fare
fortuna. Oppure come molti elementi da noi raccolti lasciano supporre che fosse
un agente della carboneria inviato in quei paesi per prendere accordi con
Lelewel (membro del governo insurrezionale polacco nel 1830-31) in Polonia e
con il principe Trubetskoj (aiutante di campo dell’Imperatore e futuro
“dittatore” della rivolta decabrista del 14 dicembre 1825) in Russia? Oppure si
è recato in questi paesi con diversi scopi contemporaneamente? Oggi è
praticamente impossibile saperlo.
Comunque
sia, Nicola Monti una volta giunto a Pietroburgo nel 1819, una città che aveva
circa un secolo di vita, dimostra di sapersi inserire ai massimi livelli
statali grazie a importanti lettere di presentazione. Infatti, il motivo
economico non è affatto secondario perché scrive: “Son da tanto nauseato che
son lì lì per dichiararmi ribelle e fuoriuscito dal mio paese dove non ho
ricevuto che pochi pranzi e molti consigli” in una lettera a Sebastiano Ciampi
il 15 febbraio 1819.
A
Pietroburgo si reca in seguito agli avvenimenti rivoluzionari italiani come
vorrebbe far credere nella sua opera, la Poliantea dedicata al suo viaggio a
Pietroburgo. Dalle lettere a Ciampi pare invece che abbia avuto una lettera
d’invito dalla capitale russa, Pietroburgo. Strada facendo incontra Luigi
Cappelli a Vilnia dove insegnava utroque iure, a Mitan il Conte
fiorentino Luigi Serristori, a Riga il Marchese modenese Paolucci governatore
della Curlandiae personaggio di Guerra e Pace, in una località
sconosciuta uno svizzero che aveva vissuto a Pistoia, a Pietroburgo incontra il
pittore fiorentino Brioschi, membro dell’Accademia delle arti di Pietroburgo
e Firenze.
Grazie
alle lettere di presentazione si presenta al principe Trubetskoj che lo tratta
come un figlio, attraverso quest’ultimo viene presentato al principe Chačubej,
ministro dell’interno che gli chiede di fargli il ritratto, poi vende un quadro
all’Imperatore Alessandro I che gli viene pagato personalmente dal ministro
delle finanze Guriev. Ora viene da chiedersi: questi quadri sono ancora
depositati nelle rimesse dell’Hermitage? Meriterebbe fare una ricerca per
risolvere il mistero.
Ma
all’attivo del pittore Monti c’è, oltre ad una raccolta di poesie che ha
scritto e pubblicato in italiano nella capitale del Nord, la descrizione della
nuova capitale russa fondata circa un secolo prima da Pietro il Grande. Nicola
Monti è il primo italiano che la descrive nei suoi costumi innocenti o meno
innocenti come scriverà nelle sue Memorie inutili, come ad esempio di
dame di alto bordo che per denaro accettavano di farsi “ritrarre” dai pittori…
In una recentissima pubblicazione
Intellettuali pistoiesi nell’impero russo ho ristampato parti importanti
dei due libri di N. Monti Poliantea e Memorie inutili.
Soprattutto nella prima opera, stampata a Lucca nel 1829, il pittore pistoiese,
ottanta anni dopo il famoso Algarotti, descrive con assai maggiore dovizia di
particolari le caratteristiche architettoniche di Pietroburgo e ben 36 anni
prima che P. Biancardi vi giungesse.
Il pittore pistoiese italianizza,
giustamente, l’Hermitage in Romitaggio “dov’è riunita, come scrive, la Galleria imperiale, il
Museo, il tesoro delle gioje e varie altre stanze contenenti oggetti preziosi”
(p. 64).
“Questa galleria – prosegue Niccola Monti – sorprende chiunque la vede, né si comprende come sì pochi monarchi, ed in sì poco tempo abbiano potuto riunire tanti, e sì meravigliosi quadri, ed oggetti preziosi!”. Poi passa subito a parlare dei quadri della Mal Maison con una stanza tutta dedicata ai quadri di Rembrand. E qui nota che ci sono due quadri, non dei più belli, di Raffaello, e poi mette in risalto che esista il famosissimo ritratto dell’unico papa pistoiese Clemente IX fatto da Carlo Maratti. Poi enumera i quadri di Paussin, Murillo, Rubens, etc. In una stanza osserva la collezione di cammei raccolta da Caterina II in breve tempo con grande profusione di denaro oppure la riproduzione esatta delle logge del Vaticano e poi trasportate e montate qui.
“Questa galleria – prosegue Niccola Monti – sorprende chiunque la vede, né si comprende come sì pochi monarchi, ed in sì poco tempo abbiano potuto riunire tanti, e sì meravigliosi quadri, ed oggetti preziosi!”. Poi passa subito a parlare dei quadri della Mal Maison con una stanza tutta dedicata ai quadri di Rembrand. E qui nota che ci sono due quadri, non dei più belli, di Raffaello, e poi mette in risalto che esista il famosissimo ritratto dell’unico papa pistoiese Clemente IX fatto da Carlo Maratti. Poi enumera i quadri di Paussin, Murillo, Rubens, etc. In una stanza osserva la collezione di cammei raccolta da Caterina II in breve tempo con grande profusione di denaro oppure la riproduzione esatta delle logge del Vaticano e poi trasportate e montate qui.
Riferisce
come testimone oculare un particolare curioso: la demolizione della Chiesa di
S. Isacco, fatta tutta di marmo instile barocco italiano, per essere
ricostruita secondo un disegno dell’architetto francese Monferrand. Lo zar, gli
disse l’architetto italiano Rossi, aveva assegnato circa 30 milioni per la sua
ricostruzione.
Niccola
Monti osserva che a Pietroburgo ci sono circa 230 fabbriche cioè palazzi, ma le
più reputate sono quelle del Guarcighi, un altro architetto italiano, fra cui
il Maneggio e il teatro del Romitaggio.
Il
pittore pistoiese osserva che le strade di Pietroburgo sono “larghissime e
dritte, selciate di ghiaiottoli, e
costeggiate da due marciapiedi lastricati con lastre quadrate di granito (…)
non vi si vede la neve, che appena venuta viene spalata da uomini pagati dal
Governo” (p. 70).
Ecco qui riassunte alcune delle meraviglie della capitale
russa rispetto alle strade medievali, strette e tortuose, di cui erano
costellati i centri urbani italiani all’inizio dell’Ottocento. Le case di
Pietroburgo sono ben riscaldate, tanto è vero che con 3 gradi di temperatura
esterna, all’interno ce ne sono 15 o 16 di calore per cui “si rendono inutili i
coltroni ai letti, i trabiccoli, i caminetti, i laidi, e male usati, scaldini”
(p. 71).
I
russi dell’epoca erano così previdenti che facevano le provviste di ghiaccio
per l’estate mettendolo nelle cantine, fanno grosse scommesse sul disgelo della
Neva, mentre nell’estate la gente va a frotte nel giardino d’estate! Vede
concerti pubblici dove si assembrano anche 500 persone per volta. Fece la
conoscenza con un famoso litografo che si chiamava Orbovskj. Il pittore
pistoiese strinse amicizia con lo scultore russo (ma di origini ucraine) che
aveva costruito sulla piazza Rossa il grande monumento a Munin e Požarskij e aveva scolpito il suo S.
Giovanni che era stato dislocato sotto il portico della Madonna di Kazan; ma a
suo dire le persone che ebbe più vicine a Pietroburgo quando prese alloggio in
Via Milionnaja, una delle principali della capitale russa, furono il conte
Luigi Serristori che visse come lui
nella casa di Kristian Beker e con Vincenzo Brioschi, pittore fiorentino.. Un
giorno il conte volle andare a visitare con lui le chiese non cattoliche e un’altra volta gli fece vedere un suo
quadro, ma a questo punto il conte Serristori poté esprimere i suoi giudizi
solo in francese. N. Monti non sa trattenere la propria indignazione ed esclama
“Vergogna! E quando mai si può dimenticare la propria lingua?”.
In sostanza
l’amor di patria rimase ovunque sempre vivo e assai pugnace nel pittore
carbonaro pistoiese.
Renato Risaliti
Biografia di Niccola Monti, qui citata, da treccani.it
"MONTI,
Niccola (Nicola, Nicolò, Niccolò). – Figlio di Domenico, nacque a Pistoia il 28
agosto 1780. Venne introdotto alla pittura da Giovan Battista Desmarais, che
coadiuvò negli affreschi raffiguranti le Imprese di Achille a palazzo Tolomei,
verso la fine del secolo. Ai primi dell’Ottocento risale il trasferimento a
Firenze, a spese del Comune di Pistoia, grazie a una borsa di studio della
Fondazione del Gallo. Nel capoluogo toscano si iscrisse all’Accademia di belle
arti, seguendo l’insegnamento di Pietro Benvenuti e Luigi Sabatelli. Vincitore
di molti premi di pittura (Giovannelli, 1988-89, p. 433), tra il 1806 e il 1813
dipinse un ritratto di Napoleone su commissione del Comune di Pistoia (Cultura
dell’Ottocento, 1977, pp. 99 s.) che nel 1814, durante una sollevazione
antifrancese, andò distrutto. Sempre in questa fase iniziale, nell’atrio della
chiesa dell’Umiltà a Pistoia, eseguì la pittura murale Caino maledetto da Dio
ispirandosi per la figura dell’Eterno alla Creazione della cappella Sistina di
Michelangelo. Nella stessa chiesa tornò nel 1837 per eseguire un S. Felice che
esorcizza un’ossessa (Giovannelli, 1990, pp. 151, 186 fig. 9, 190 fig. 15).
Nel
1814 soggiornò a Roma, presso palazzo Colonna ai Ss. Apostoli, dove conobbe
Antonio Canova, Bertel Thorvaldsen e Vincenzo Camuccini.
Nel
1815 si recò a Bologna e Ferrara poi, l’anno seguente, a Firenze dove decorò
una stanza al secondo piano di palazzo Pitti, raffigurando il Trionfo della
Vera Religione, attorniato da michelangioleschi Profeti (ibid., pp. 151, 188,
s. figg. 11-14). A questi anni risale anche il Ritratto di Ferdinando III
(Pistoia, Museo civico), realizzato secondo la consueta iconografia della
ritrattistica francese.
La
dignità di rango del granduca di Lorena, tornato in Toscana dopo la caduta di
Napoleone Bonaparte, viene espressa dalla posa teatrale e dalla preziosità
delle vesti e dei tessuti, evidenziati da un abile uso della luce.
Nel
1817 venne chiamato a insegnare presso la Scuola di disegno dell’Accademia di
belle arti di Firenze.
Attivo
nel dibattito culturale contemporaneo sulle tecniche artistiche e la
conservazione dei dipinti, elaborò anche trattati e articoli sull’arte e sulla
letteratura, nonché opere autobiografiche la prima delle quali, La Poliantea,
fu pubblicata a Lucca nel 1829.
Dal
1819 al 1821 soggiornò all’estero, eseguendo varie opere (per un elenco
dettagliato Giovannelli, 1988-89, p. 412). Con il conte Paolo Ciezkowski, si
fermò a Venezia dove ammirò tutta la produzione della scuola veneta. Proseguì
il viaggio fermandosi dieci giorni a Vienna. Poi dimorò anche in Polonia dove
eseguì affreschi, con temi mitologici ed episodi tratti dalla storia russa, per
il palazzo Ciezkowski a Surkov, vari ritratti di famiglia e quadri per la
cappella privata. A San Pietroburgo immortalò molti notabili della città e lo
stesso zar Alessandro I (Risaliti, 2009B, pp. 56 s.). Durante il viaggio di
ritorno, si fermò a Praga e di nuovo a Vienna: tornò in Italia alla fine del
1821 (Morandi, 1991, p. 925).
Questo
lungo soggiorno all’estero, documentato anche per la produzione pittorica da
Monti stesso in Il mio viaggio nel Nord (Lucca 1829), era stato ufficialmente
intrapreso con lo scopo di ottenere fortuna all’estero come pittore. Tuttavia
risulta che venne inviato in Polonia anche per prendere accordi con il
movimento insurrezionale polacco e con i capi russi della futura rivolta
decabrista del 1825, essendo un dirigente della carboneria bolognese (Risaliti,
2009A, pp. 36-38; 2009B, pp. 56-58).
Nel
1822 decorò la galleria centrale del palazzo del principe Camillo Borghese in
via Ghibellina a Firenze, rappresentando Bacco e Arianna nell’Isola di Nasso
(Spalletti, 1991, p. 303 fig. p. 301) e un’ Allegoria della Notte,
successivamente scialbata. Per tali opere si avvalse di tinte cromatiche forti,
ispirate al lavoro di Giulio Romano a Mantova (Sisi, 1987, pp. 60, s.).
Nel
1823 pubblicò a Roma il volumetto XII vedute pittoresche di Roma e suoi
contorni, sicuramente tratte da disegni dal vero eseguiti nella città.
In
questi lavori, Monti appare a suo agio anche nell’esecuzione delle
architetture, dei paesaggi e delle figure, secondo le vedute di genere
dell’epoca. Le buone capacità di disegnatore- ritrattista si possono desumere
altresì da alcune stampe conservate presso la biblioteca Panizzi di Reggio
Emilia e in altre raccolte pubbliche (Giovannelli, 1990, pp. 193-195 figg.
18-23).
Nel
1828 dipinse nel palazzo De Rossi a Pistoia Giovanni Galeazzo Sforza malato nel
castello di Pavia visitato da Carlo VIII e Pier Capponi che lacera gli iniqui
patti davanti a Carlo VIII. Quest’ultima opera rivela un artista libero dal
retaggio neoclassicista e pienamente aderente ai nuovi soggetti romantici,
sulla scia di Luigi Sabatelli (Spalletti, 1991, p. 312). Fra il 1828 e il 1829
realizzò alcune decorazioni per palazzo Magnani a Pescia in provincia di
Pistoia, individuate da Giovannelli (1990, pp. 182-185 figg. 5-8).
Nel
1830 espose il Ritratto del marchese Pietro Torrigiani (Firenze, palazzo
Torrigiani; Id., 1988-89, p. 421 fig. 5) all’Accademia di Firenze (Morandi,
1991, p. 925).
Fra
gli anni Venti e Trenta trascorse vari mesi dell’anno a Lucca, dove era membro
dell’Accademia dei Filomati. A Firenze, su incarico del granduca di Toscana
Leopoldo II, fra il 1833 e il 1835 dipinse il soffitto della sala di Ricevimento
di palazzo Pitti, raffigurando Mosè riceve le Tavole della Legge, attorniato
dai Ss. Padri del Vecchio Testamento nelle lunette e dalle Quattro Virtù
Cardinali, eseguite in monocromo, nei pennacchi della volta (Morandi, 1994, p.
180), ciclo che rivela il consueto michelangiolismo appreso da Benvenuti
all’Accademia di Firenze (Sisi, 1987, pp. 62 s.).
Nel
1834 pubblicò a Firenze Dell’arte della pittura, testo dal quale si apprende la
sua poetica artistica.
È
un manuale teorico-pratico per pittori, molto probabilmente concepito a uso dei
suoi allievi, nel quale si affrontano con una serie di analisi e precetti, i
principali aspetti del dipingere: il disegno, la coloritura, l’effetto,
l’espressione, la composizione e il panneggio. La descrizione del modo di affrontare
i vari soggetti è molto dettagliata, fino a consigliare, per esempio,
nell’esecuzione dei ritratti, di non far sfiorire le donne apponendo ombre
troppo marcate, che invecchiano i lineamenti ed evidenziano le ossa (p. 23).
Da
un altro scritto di Monti (Lettera a Gaetano Cioni, 1 ottobre 1836, in
Bollettino dell’Istituto centrale del restauro, 1952, nn. 9-10, pp. 106-109) si
evince che nel 1836-37, quando aveva lo studio a Firenze in via del Maglio,
dipinse la Resurrezione di Lazzaro nella cappella dei conti Galli
all’Annunziata a Firenze (Giovannelli 1988-89, pp. 418 s. figg. 2 s.), come
dono alla chiesa, ricevendo infatti solo il rimborso per le spese dei
materiali. Dalla stessa missiva si apprende che Monti era solito effettuare
sull’intonaco secco alcuni ritocchi a fresco, al contrario della consueta
tecnica impiegata nella pittura murale che non gli era congeniale, come egli
stesso dichiara (p. 109). Tale metodo portò molti contemporanei a considerare i
suoi dipinti eseguiti a fresco per la brillantezza e il vigore dei toni (p.
107).
Nel
1838 ricevette l’incarico di realizzare alcuni affreschi in palazzo Vivarelli
Colonna a Pistoia, rappresentanti L’Italia in mezzo ai più illustri figli suoi
e allegorie dell’Onore, della Salute e della Virtù (Giovannelli, 1990, p. 152).
Nello stesso anno espose all’Accademia di belle arti di Firenze Michelangelo
Buonarroti che sospende di scolpire la statua del Mosè (Pieve a Fievole,
collezione privata; Giovannelli, 1988-89, pp. 409, 417 fig. 1).
Dal
1840 fu professore di disegno a Cortona, presso la Pubblica Scuola di disegno e
architettura.
Negli
anni Quaranta intervenne con una serie di scritti (Del Duomo di Firenze,
Montepulciano 1845; Del Riposo, Cortona 1854) sui restauri del duomo di
Firenze, caldeggiando la demolizione degli affreschi della cupola, per
ritornare alla purezza originaria dell’architettura brunelleschiana. Nel 1844
si recò a Firenze, dove partecipò all’Esposizione dell’Accademia di belle arti,
e poi andò a Pistoia. L’anno seguente si trovava a Cortona, città dove sembra
risiedette abbastanza stabilmente fino alla morte.
Nel
1863 partecipò alla XIX Esposizione della Società promotrice di Firenze.
Monti
usava firmare le opere che riteneva migliori con una «E», l’iniziale della
contessa Eleonora Nencini Pandolfini, contemporaneamente oggetto dell’amore
platonico di Ugo Foscolo e di Monti stesso, che usò spesso la sua fisionomia
per rappresentare vari personaggi (Giovannelli, 1988-89, pp. 411-415).
Morì
a Cortona il 29 gennaio 1864, dopo aver dato alla stampa la sua ultima opera
autobiografica Memorie inutili (Castiglion Fiorentino, 1860).
Dall’Archivio
della Curia vescovile di Cortona risulta morto nel 1864, ma all’età di
ottantuno anni. È probabile che nell’archivio sia giusto l’anno di morte, ma si
sbagli l’età. Oppure è sbagliato l’anno di nascita che va aggiornato dal 1780
(Tolomei, p. 187) al 1783 (Giovannelli, 1988-89, p. 433).
Fonti
e Bibl.: F. Tolomei, Guida di Pistoia, Pistoia 1821, pp. 93, 187; V.
Capponi,Bibliografia pistoiese, Pistoia 1874, pp. 256 s.; Id., Biografia
pistoiese, Pistoia 1878, pp. 278, s.; G. Barchielli, Antonio Guadagnoli e N.
M., Firenze 1910; A. Chiti, Note storiche. Ricordi del pittore pistoiese N. M.,
in Bullettino storico pistoiese, XXVI (1924), pp. 35-37; I. Gonfiantini, Note
storiche. N. M., ibid., XXX (1928), pp. 177-186 (con documenti inediti nelle
note); G. Tigri, Pistoia e il suo territorio, Pistoia 1853, p. 215; Esposizione
italiana agraria industriale artistica del 1861 (catal.), Firenze 1861, p. 345;
M. Parenti, Memorie inutili, in Ottocento, questo sconosciuto, Firenze 1954,
pp. 399-402; C. Cappuccio, Niccolò M., in Memorialisti dell’Ottocento, III, a
cura di C. Cappuccio, Milano- Napoli 1972, pp. 3-5; Cultura dell’Ottocento a
Pistoia. La collezione Puccini (catal.), a cura di M.C. Mazzi - C. Sisi,
Firenze 1977, ad ind. (con documenti, scritti e bibl.); C. Sisi, M. N., in
Disegni dell’Ottocento dalla collezione Batelli (catal.), a cura di C. Sisi,
Firenze 1987, pp. 60-63; E. Spalletti, La pittura dell’Ottocento in Toscana, in
La pittura in Italia. L’Ottocento, Milano 1991, I, ad ind.; C. Morandi, ibid.,
II, pp. 925, s.; R. Giovannelli,Trattatello sul Nudo di N. M., in Labyrinthos,
VIIVIII ( 1988-89), 13-16, pp. 397-435; Id., Giordani a N. Monti. Quarantatre
lettere (1827-1848), ibid., IX, 17-18, 1990, pp. 143-197 (entrambi con bibl. e
docc. nelle note); C. Morandi, Pittura della Restaurazione a Firenze: gli
affreschi della Meridiana a palazzo Pitti, inProspettiva. Rivista di Storia
dell’arte antica e moderna, 1994, nn. 73- 74, pp. 180, 182; R. Risaliti,
Intellettuali pistoiesi nell’Impero russo: Russia, Lituania, Polonia, Firenze
2009A, pp. 5, 8-10, 34, 36-38, 40, 61, 63, 99, 104- 128, 190 s.; Id., Il
memorabile viaggio del pittore pistoiese N. M. a San Pietroburgo, in In
contatto. Trimestrale d’informazione e attualità della Banca di credito
cooperativo di Signa, sett.-nov. 2009B, pp. 56-58; P.A. Torresi, Neomedicei.
Pittori, restauratori e copisti dell’Ottocento in Toscana. Dizionario
biografico, Ferrara 1996, p. 165."
Francesco
Franco
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