domenica 15 dicembre 2013

C.O. Gori. Nelson Mandela cittadino onorario di Pistoia nel 1989

Nelson Mandela

Oggi i funerali in SudAfrica di Nelson Mandela, gran leader africano (e non solo).  Ricordi: un opuscolo pieghevole di varie pagine che feci per il Comune di Pistoia nel lontano 1989, quando Mandela era ancora in galera e  quando il Comune di Pistoia gli assegnò la cittadinanza onoraria...

                                                                                                                                   


       
             Carlo O. Gori






Carlo Gori - Carlo O. Gori e Renato Risaliti









martedì 15 ottobre 2013

C.O. Gori. Onore al Comandante Thomas Sankara (1949 – 1987) Presidente del Burkina Faso

Thomas Sankara  (1949-1987)

Il 15 ottobre 1987 il Comandante Thomas Sankara, Presidente del Burkina Faso (già Alto Volta, ex dominio francese) venne assassinato insieme a dodici ufficiali, in un colpo di stato organizzato e promosso da Francia e Stati Uniti d'America ed eseguito da Blaise Compaoré, un suo ex compagno d'armi e suo braccio destro, e attuale presidente del Burkina Faso e prono agli interessi francesi. 
L'obiettivo di Sankara era quello di far vivere bene gli africani in Africa e di non mandarli in giro sui barconi a mendicar le briciole al Nord. E anche e fra l'altro, la cancellazione del debito internazionale: cancellazione ottenibile soltanto se richiesta all'unisono da tutte le nazioni africane. Non ebbe successo. Comunque onore a lui!

     

               


                               Carlo O. Gori









giovedì 26 settembre 2013

C.O. Gori. Gino Bartali fra "i Giusti"

"Ginettaccio" tra i "Giusti fra le Nazioni"

Notizia migliore in occasione del Mondiale di Ciclismo, che in questo momento si corre in Toscana, non poteva venire! 
Gino Bartali, "Ginettaccio", tra i "Giusti"...
Un grande campione di ciclismo, rivale di un altro degno campione come Fausto Coppi, fra l'anteguerra ed il dopoguerra, un cattolico "tutto d'un pezzo", finora politicamente ricordato soprattutto perché con la sua vittoria al Tour del 1948 sembra avesse fatto scongiurare, allentando la tensione, una guerra civile (vedi): 
http://goriblogstoria.blogspot.it/2012/07/carlo-onofrio-gori-dopoguerra.html
Ma aveva fatto molto di più durante la guerra aiutando gli ebrei a sfuggire alla persecuzione nazifascista. 
Ne avevo già parlato, anche di lui, in un mio vecchio articolo sui "Giusti" in Toscana, in questo blog riproposto nel post del 25 maggio 2013 (vedi):
                                                                                                                   
                                                           
                                                        COG










giovedì 12 settembre 2013

Carlo O. Gori. Siria: la battaglia per Maalula

Anche queste, oggi, le nostre Termopili…

L'Esercito Nazionale regolare della Repubblica Araba di Siria - laica, multietnica e multiculturale -  ha ripreso stamani, dopo durissimi combattimenti, il controllo del centro di Maalula, cittadina cristiana siriana di antica lingua aramaica, occupata nei giorni scorsi dai ribelli tagliagole qadisti, armati dalla CIA di Obama (notizia di oggi del "Washington Post" vd.) dalla wahabita islamista Arabia Saudita, dagli Stati del Golfo e dal governo islamista turco di Erdogan. 
A Maalula si combatte ancora in periferia.
Allora? Con chi vogliamo stare...ora...noi? 
Domandare un po' al giornalista Quirico de "La Stampa", prigioniero per mesi dei ribelli tagliagole islamisti qadisti, e liberato solo perché da loro sbolognato a dei ladroni,  "in che mani" sia oggi finita la "primavera" siriana in cui lui stesso inizialmente credeva, e poi ne saprete...un po' di più...vero Obama e Hollande?
Nella "primavera" siriana credeva anche un altro italiano, Padre Dall'Oglio, del quale auguro la liberazione (se è ancora vivo), ma suo malgrado, s'è, a sue spese, dovuto ricredere perché risulta rapito dai ribelli tagliagole qadisti. 
In queste "mani" stanno finendo, una dopo l'altra, le cosiddette "primavere arabe". E' nei fatti. E meno male che in Egitto se ne sono accorti in tempo. 
Aspettiamo e auspichiamo che qualcosa di simile all'Egitto accada anche ....in Turchia e che l'Esercito Turco non voglia rinnegare le sue origini e il suo giuramento laico e kemalista.
Anche se Assad, i khomeinisti iraniani, o lo stesso Putin, non sono dei "modelli di democrazia", oggi come oggi, non c'è scelta: tertium non datur! Occorre a volte a saper scegliere ....il male minore...magari fosse stato fatto quando Hitler andò al potere con libere elezioni nella Germania del '33! 
Perché, "quelli", li fai votare, secondo schemi democratici occidentali e poi, lì, fatalmente vincono gli islamisti potentemente finanziati dalla wahabita islamista Arabia Saudita e dai suoi Stati satelliti del Golfo. Poco dopo, gli islamisti, arrivati al potere, con buona pace degli occidentali, ci pensano "loro" a fottere la "democrazia occidentale" introducendo la sharia e il peggior armamentario della reazione islamista....lo vorresti e fare e lo stai facendo...vero Erdogan?
L'esempio dell'Algeria dei primi anni '90 dovrebbe esser stato emblematico in tal senso, e meno male che lì, l'Esercito Algerino, nato dalle lotte anticolonialiste del FLN, ci "mise una pezza". 
Ma quanti anni di lacrime e sangue, lì in Algeria, da parte dei tagliagole islamisti del FIS!
Intanto sempre oggi il Presidente russo Putin ha dimostrato, prove alla mano che nei giorni scorsi il gas (come aveva, in caso precedente, dimostrato il magistrato svizzero Carla Dal Ponte che ha svolto inchiesta per conto ONU) l'hanno tirato i ribelli che combattono contro il governo siriano.
Per altre mie notizie sulla Siria, in questi ultimi giorni, leggere i miei interventi sul mio profilo-diario  Facebook alla voce Carlo Onofrio Gori.
Anche queste, oggi, le nostre Termpoli, maaaa... se il nemico è anche alle spalle? Vero Obama, Hollande?  E grazie al Parlamento britannico che ha rigettato l'intervento a favore dei qadisti!



   
                         
                              Carlo O. Gori






Sotto: soldati americani contro la guerra Usa alla Siria. La sostanza?: non vogliamo andare ad aiutare Al Qaeda in Siria che ora la stiamo combattendo in Afghanistan! Hanno capito molto più dei loro governanti! Vero Obama?





giovedì 22 agosto 2013

Carlo O. Gori. Berlusconi: una questione non solo politica, ma soprattutto....etica...

Berlusconi: una questione non solo politica, ma soprattutto....etica...

Obiettivamente, politicamente parlando, fanno un po' troppa invero irritante "tenerezza" (comprensibile, ma non c'è niente di politicamente "adulto") tutti i bizantinismi giuridici e politici messi in atto dai politici di seconda fascia (di prima ce n'è...solo uno…Lui!) del centro-destra per salvare, con la cosiddetta "agibilità politica", ancora una volta il leader Silvio ( …e per salvarsi anche il loro scranno) ormai condannato in via definitiva con conseguenze ben previste dalle leggi vigenti. Anche costo di far cadere governi condivisi. Non so se la prima condanna definitiva raccolta dall'ex-cavaliere sia giusta, ingiusta o parzialmente giusta, se ci sia stato "accanimento" o meno, ma “candido” Lui certamente non lo è stato e non è e se avesse un po' di dignità si sarebbe già da sè dimesso.  Va bene la riconoscenza dei suoi seguaci, ma il fatto è che sarebbe bene che questi politici del centro-destra si decidessero finalmente a camminare con le loro gambe per raccogliere i consensi del loro bacino elettorale, che esiste nei fatti e che è tutt'altro che minoritario, senza sempre contare sui "miracoli" politico-mediatici" del solito "santo Silvio" (per minorità politica a loro stessi dovuta) visto che prima o poi lo dovranno fare, anche per l'età di quest'ultimo... ...la democrazia (una volta a sinistra si sarebbe detto "democrazia borghese", ma qui...è storia...) è una cosa, "un'arte" direi, molto difficile da gestire, che deve prescindere da capi carismatici ed incontestabili, ma presuppone che ci siano leggi (più o meno buone) che finché non vengono possibilmente con la partecipazione più ampia e condivisa possibile, anche con lotte dure da una parte e dall'altra, cambiate, vanno da tutti, volenti o nolenti, rispettate. Devono prevalere, più che gli egoismi (anche profetici e/o leaderistici) il senso della Comunità, e direi in senso risorgimentale della Nazione e della Patria. Personalmente, ad esempio, pur essendo di sinistra, "nel piccolo" (ma spesso "dal piccolo" si vede "il grande") quando a suo tempo c'erano le partite Italia-Urss, ho sempre tifato per l'Italia a differenza di quanto facevano molti miei compagni. Ho sempre pensato che in democrazia (non in dittatura dove i diritti personali vengono violati) per dirla all'inglese: "my Country, right or wrong, is my Country"......senza nazionalismi prevaricatori, ma con orgoglio (anche critico sul "presente" e sul "passato"), ma sempre con dignità...perché senza nemmeno un'identità (anche se forse storicamente non sempre cristallina...ma chi in giro è senza peccato, scagli la prima pietra....)...dove si va?

                                                                                                                   
                                                 

                                    Carlo Onofrio Gori










sabato 17 agosto 2013

Renato Risaliti. Egitto 2013

Sugli avvenimenti egiziani

Sarebbe facile e semplicistico ricordare che tutta la stampa italiana  (e anche occidentale) due anni fa quando furono rovesciati  i regimi cosiddetti laici tirannici di ben Alì in Tunisia, e di Mubarack in Egitto, parlò erroneamente  di “primavera araba”.
Era un tragico autoinganno che aveva una origine nelle erronee impostazioni culturali della sociologia e storiografia americana che non hanno mai voluto vedere la realtà della cultura islamica basata dal VII secolo dall’Egira su una identificazione totale fra stato e religione, fra politica e religione: Questa erronea  impostazione culturale fondata sulla incapacità  a definire la shariah per quello che è: una concezione interpretativa, unica e totalitaria, della società e quindi assolutamente antinomica ai principi della civiltà occidentale.. Ma questo modo di procedere andava e va benissimo ai americani, sia repubblicani che democratici, per consolidare l’alleanza di ferreo con la monarchia feudale dell’Arabia Saudita e con tutte le fo9rze feudali del mondo arabo e musulmano. Anzi su questo autoinganno si basa la politica americana e occidentale per tenere divisi i paesi del Medio Oriente fra loro e al loro interno. Questo errore iniziale èstato ulteriormente aggravato dalle errate valutazioni iniziali sull’origini dei tumulti popolari che non avvennero, come fu gabellato da tutti i mass media, dal desiderio di libertà di questi popoli  da regimi oppressivi, vessatori, corrotti  oltre ogni credibilità, ma anche e soprattutto per il peso insopportabile della crisi economica e dell’aumento del 70%  del prezzo delle granaglie. La gente moriva letteralmente di fame. Com’è sempre successo nella storia di tutti i popoli quando il popolo ha fame non cìè religione che la possa attenuare: i popoli si ribellano. Così è sempre stato, è e sarà fino a che il sole brillerà sulle sciagure umane. Morsi e i fratelli musulmani hanno approfittato del momento per promettere un miraggio: i principi coranici e dell’islam produrranno il miracolo. La gente in larga misura vi ha creduto, ma è stata, come era da attendersi, crudelmente delusa. Piazza Tahir stracolma è stata la testimonianza più cocente di questa delusione. Morsi, sul quale Obama aveva fatto tanto affidamento data la sua educazione americana, si è dimostrato un incapace, un integralista islamico, assetato di potere per sé e i suoi collaboratori.
L’Esercito ne ha approfittato per riprendersi  il potere che a partire dal 1952 ha sempre avuto. In sostanza si sono permessi di bloccare per settimane il normale  traffico della capitale. Avvertiti ripetutamente invocavano il ritorno di Morsi e di tutte le sopraffazioni  islamiche cui avevano dato prova i cosiddetti “fratelli musulmani”.
Errore nell’errore, quest’ultimi si sono presentati alla prova con le armi in pugno. Le decine di agenti uccisi dimostra che gli islamisti già avevano le armi e che poi hanno resistito con la forza di quelle armi. L’Esercito, la forza politico-militare più moderna in Egitto e in tutto il Medio Oriente li ha sconfitti sul campo. Ora deve addirittura proteggere gli islamisti. Come abbiamo visto in tv nella moschea  Al Fatah, dall’ira popolare.
Questi i fatti!
La lezione da trarre:

1)      si dimostra  una volta ancora che con il fanatismo religioso non si può risolvere nessun problema sociale;
2)      l’Occidente ha appoggiato, con un autolesionismo incredibile, le forze più arretrare delle società islamiche;
3)      e ora quella strada, dopo aver provocato questi conflitti sanguinosi ha raccolto solo due risultati:
                       
                        a)      ha diviso quelle società per continuare a                                             sfruttarle meglio;
                         b)      non ha vere alternative da proporre.

                                                                                        
                                     

                                Renato Risaliti








giovedì 15 agosto 2013

Carlo Onofrio Gori. Noi credevamo di Mario Martone: il cinema italiano e il Risorgimento

Noi credevamo di Mario Martone:  il cinema italiano e il Risorgimento  

Noi credevamo, ispirato al libro omonimo di Anna Banti, sebbene  film “patriottico-critico”, era di per sé già destinato, uscendo alla fine del 2010, a far da battistrada alle previste, “utili” e “necessarie”, ma “difficili”, Celebrazioni per il 150° dell’Unità, minate dagli affanni della crisi economica e “costrette” fra le recenti ed ignoranti ripulse “leghiste” del Nord e le ricorrenti suggestioni  neoborboniche della “controstoria” del Sud.
Il “risorgimentale” film, inizialmente boicottato dalla distribuzione, ma apprezzato dal pubblico, è stato poi meritatamente “servito” come “piatto forte” nei dibattiti di molti eventi celebrativi del 2011, e ciò ha indubbiamente contribuito ad alimentarne la notorietà (e gli incassi) al contrario di quanto è accaduto ai più recenti, peraltro più “limitati” nelle ambizioni e anche discutibili, film sulla Resistenza, quali ad es.: Porzûs di Martinelli, I piccoli maestri di Luchetti, il Partigiano Johnny di Chiesa.
In quattro capitoli, “Le Scelte” (1828-32), “Domenico” (1852-55), “Angelo” (1856-58), “L'alba della Nazione” (1862-68), si racconta la storia di tre ragazzi del Cilento che nel 1828 aderiscono alla Giovine Italia prendendo poi vie diverse. Angelo e Domenico, sono di origine nobiliare, mentre Salvatore è il figlio del popolo che sconterà quasi subito la sua condizione subalterna perché, creduto traditore, verrà ucciso da Angelo, il più invasato, che finirà poi travolto dai suoi stessi ideologici furori. Ma sarà soprattutto con lo sguardo di Domenico, idealista ma “umano”, che gli spettatori ripercorreranno alcuni episodi della storia del Risorgimento. Argomento questo trattato da lunga data nel cinema italiano dove, a prescindere da regimi e governi, registi come Blasetti, Brignone, Gallone, Rossellini, Visconti, De Sica, Alessandrini, Rosi, il prolifico Magni, e solo per citarne alcuni, hanno soprattutto dato fiato all’immagine “ufficiale”, edificante ed eroica, della “vulgata” risorgimentale. Martone usa invece quella nostra storia come pretesto e metafora e ne sottolinea i lati oscuri e le contraddizioni. Tuttavia chi rammenta opere comeAllonsanfan, Quanto è bello lu murire acciso, Bronte sa che, in senso antiapologetico, il cinema italiano, nella temperie politica degli anni ’70, si era già espresso sul Risorgimento con opere di assoluto vigore nel solco della linea interpretativa di Salvemini e Gramsci: democratica, repubblicana e meridionalista.
Del resto lo stesso Martone  (“L'Espresso”, 11 ottobre 2012 pag. 103) ha affermato: "Ho girato Noi credevamo mirando a ciò che è sotto la pelle della storia, ho cercato di cogliere il clima esistenziale vissuto da ragazzi diventati uomini e mai piegati sotto il peso di una lotta disperata, quei mazziniani antenati dei partigiani, dei movimenti degli anni '60 e '70, dei democratici che in Italia conoscono una storia drammaticamente altalenante, tra faticate vittorie e continue sconfitte”.
Anche in tal senso il film di Martone, per sin troppo evidente somiglianza, richiama alla memoria La meglio gioventù  di Marco Tullio Giordana che nel 2003 ebbe vasto successo: non a caso il bravo Luigi Lo Cascio è il fil rouge di ambedue i film, il Nicola di Giordana e il Domenico dell’età matura di Martone.
Nel film, il ’48 e la Repubblica romana, l’impresa dei Mille (quasi si volesse evitare il confronto con i registi che questi fatti li hanno ampiamente trattati, oppure di scivolare nella retorica risorgimentale) compaiono solo come echi lontani, infatti gli eventi rappresentati sono: il cruento epilogo dei moti antiborbonici del Cilento, la fallita eliminazione di Carlo Alberto, i moti del 1834 in Savoia, l’attentato di Orsini contro Napoleone III, ed infine, l’Aspromonte del ’67, che per i democratici segnerà la fine delle residue speranze mazziniane e garibaldine e sancirà  il trionfo del patriottismo “moderato” nel segno della sabauda “diplomazia-armata”, espansionistica e repressiva.
Un film importante e dalle grandi ambizioni e allusioni, ed è questo il suo vero limite: una materia ampia che Martone e il suo sceneggiatore Giancarlo De Cataldo, smarrendo a volte lo slancio narrativo, fatalmente sono spesso costretti a sintetizzare con la necessità di un didatticismo incombente che sottrae passione e anima ai personaggi indulgendo invece in “facili” immagini provocatorie che ci riportano al presente, come la modernità della scala metallica percorsa da Angelo e Orsini verso la ghigliottina o i pali in cemento armato delle case mai finite, oggi frequenti nel paesaggio del nostro Meridione. Inoltre non sempre risulta in equilibrio il mix realtà/finzione-figure di fantasia/personaggi storici. Di quest’ultimi Martone, rispetto ai “padri della Patria”, ne privilegia alcuni fra i “secondari”: generosi idealisti come la Belgiojoso e Orsini a fronte di un  Crispi, figura emblematica del tradimento degli ideali repubblicani, ma anch’essi, in questa filologica ricostruzione, sono forse quelli meno riusciti poiché appare in loro un qualcosa di  irrisolto. Resta sullo sfondo, molto defilato, un Mazzini-Servillo (qui già vecchio dal 1830, quando aveva solo 25 anni!), mentre Garibaldi, a cavallo sulla vetta di un colle, è solo una notturna evocativa ombra, in una scena suggestiva, ma un po’ melodrammatica.
Su altri piani di analisi il film è notevole: la colonna sonora, diretta da Roberto Abbado, propone musiche coeve da opere di Verdi, Rossini e Bellini, mentre il canto popolare Camicia rossa accompagna i titoli di coda; la scenografia nella ricostruzione ambientale è valida; oltremodo suggestiva la fotografia di un ‘800 pittorico macchiaiolo ed impressionista.
Insomma, soprattutto se visto più  d’ una volta (e in ciò il tour celebrativo facilita),  indubbiamente un buon film, malgrado che, come si sa, la pervicace ricerca dell’ottimo sovente possa essere... nemica del buono.

                                                                                                               
                 




                          Carlo Onofrio Gori










Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.


Articolo pubblicato in: "Il Grandevetro" , n. 215 [109 n.s.] (mag.-giu. 2013)














mercoledì 31 luglio 2013

Renato Risaliti. Le attuali sollevazioni nel mondo islamico (in particolare in Africa settentrionale) Relazione al Convegno in San Domenico, Pistoia, 9 marzo 2011

Le attuali sollevazioni nel mondo islamico (in particolare in Africa settentrionale) 2011.03.09

Prima di venire qui mi sono riletto le note che avevo ascritto circa 20 anni fa sull’Egitto e la Tunisia pubblicati per la prima volta su “Vita Sociale” e “Koinonia”, e poi ripubblicate nel mio volume Alla ricerca del Paese felice (1999) e in quello recente (2011) Ricordi.
Non ho nulla da cambiare.
Però tutti i giornalisti e tutta la stampa italiana non potrebbe ripubblicare quello che avevano stampato senza vergogna.
E perché?
Perché erano menzogne allo stato puro. Mubarak e Ben Alì sarebbero state le immagini dell’islam moderato. Già questi moderati hanno ordinato di uccidere centinaia di persone in Egitto e altrettante in Tunisia.
E, purtroppo, siamo solo all’inizio. Questo perché è avvenuto? E’ doveroso chiederselo.
1) perché la nostra stampa è alla periferia dell’impero americano, ormai in completa decadenza e ritirata  e descriveva la situazione che i centri di ricerca americani diffondevano.
La verità è che la CIA attanagliata da insanabili conflitti interni non riesce a fornire informazioni precise ai suoi committenti politici che sono ossessionati dal concetto del politically correct (politicamente corretto) perché i regimi tunisino, egiziano, saudita, libico, etc. mascheravano la loro intransigenza politico religiosa islamica sotto il manto dell’amicizia con gli USA.
In verità anche i centri di ricerca sul Medio Oriente fanno ricerche superficiali e avventate prima di tutto perché, anche loro, per avere fondi statali agiscono, ricercano e analizzano la situazione del Medio Oriente secondo lo schema prefissato del politically correct, schema aggravato da erronei schemi americani della loro sociologia che è, sì, capace di vedere prima di altri i punti deboli, ma poi non è in grado di approfondire la ricerca.
Sono anni che nei miei scritti mi sforzo di ripetere che l’islam moderato è una semplice autoillusione americana fino a che non si rivedranno i cosiddetti fondamenti dell’islam così come sono stati codificati nei primi tre secoli dell’egira cioè verso il X secolo dell’era cristiana. Vale la pena ripeterli:
a) Sei miscredente? Ogni retto musulmano ha l’obbligo di ucciderti (parlo di dovere !) immediatamente.
2) Sei un apostata? Cioè dall’islam passi al cristianesimo o l’ebraismo. La stessa pena.
3) Sei un dissenziente? La stessa pena.
E’ ovvio che con queste tre premesse “teologiche” non si può affermare nessun regime democratico, ma solo la caricatura della democrazia.
Per rendere permanente un regime democratico in un paese islamico è necessaria una riforma religiosa che riveda questi cosiddetti fondamenti che sono fondamenti di violenza continua su tutta la società.
In questo aveva perfettamente ragione Benedetto XVI che nel suo discorso “programmatico” di Ratisbona e con il quale dichiarai subito il mio accordo. La situazione è ulteriormente aggravata da altro. Nell’islam è praticamente assente un concetto chiave del tomismo cioè “il bene comune”.
La confusione mai risolta fra società religiosa e politica cioè fra Stato e Chiesa ha condotto tutti i paesi in cui si è verificata la conquista arabo islamica, dopo una prima fioritura, ad un processo inarrestabile di desertificazione in senso lato.
Gli arabi erano una popolazione nomade e tali sono rimasti in grandi proporzioni.
Naturalmente come tutti i popoli conquistatori si sono fusi con la popolazione locale nel corso del tempo ed hanno finito per creare popoli nuovi.
Uno dei miti più eclatanti del nasserismo in Egitto e altrove è stato quello che esistesse ancora una sola nazione araba. Era un mito e come tale ha fatto fallimento ovunque in pochissimo tempo.
Quando sono esplosi i  moti di rivolta prima in Tunisia e poi in Egitto ero in ospedale. Il caso ha voluto che mio vicino di letto fosse un egiziano copto. Costui mi ha confermato quello che già in parte sapevo e cioè che in Egitto i copti, cioè la popolazione originaria, è molto di più del 10% di cui parla tutta la stampa mondiale, ma arriva forse al 30-35% della popolazione e nell’Egitto centrale è la grande maggioranza della popolazione.
La classe dirigente rappresentata in primo luogo dall’esercito e dai funzionari è islamica e opprime in modo più o meno velato in infiniti modi i copti che resistono alle loro continue pretese di ogni genere..
I cristiani in Egitto sono più numerosi che negli altri paesi del Medio Oriente perché l’islam arabico è spesso un modo di vita più che una fede.
L’islam egiziano non ha mai potuto emarginare i copti perché il modo di vita è quello di una popolazione agricola non nomade ma stanziata stabilmente sulla terra da moltissimi secoli (forse 7000 anni) a causa delle esondazioni annuali del Nilo, esondazioni che in seguito alla separazione del Sud Sudan dal Sudan e dei piani di sfruttamento delle acque del Nilo da parte dei paesi nilotici dell’Africa centrale possono e potranno provocare serie crisi senza precedenti e una guerra fra i diversi stati africani anche entro pochissimi anni.
Anche gli arabisti europei, a partire dai francesi, hanno grosse colpe, hanno fatto sempre finta di ignorare il conflitto più grave del Maghreb: quello fra popolazioni arabo islamizzate della costa e quelle berbere dell’interno. E’ un conflitto che va avanti da 25 secoli: dalla colonizzazione dei fenici.
Le “Monde diplomatique” è lo specchio abbastanza fedele delle infedeltà dei francesi nella analisi delle società multirazziali dell’Africa settentrionale.
L’aspetto più grave della mancata analisi di quelle società islamiche viste in modo differenziato paese per paese, perché la situazione storica, economico sociale e culturale religioso è diversa. I Centri americani di ricerca per primi sono responsabili di queste analisi, ma anche il nostro IAI è colpevole di aver seguito più o meno pedissequamente quelli americani o francesi.
Ma allora perché queste esplosioni simultanee di rivolta? E qui la stampa occidentale dà un’unica risposta: la sete di democrazia, è nata una classe media del mondo globalizzato.
Una parte minore di una verità.
Ricordo ai cristiani presenti che cosa dice la prima invocazione del Padre nostro? “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. La stampa, tutta, finge di ignorare che i prezzi del grano sono aumentati del 70%. In paesi dominati da oligarchie corrotte oltre ogni credibilità che domina spesso popolazioni etnicamente eterogenee questa è stata l’ultima goccia che ha fatto travalicare il calice della sopportazione.
Ad esempio la Libia non è abitata solo da arabi, ma anche da berberi, tuareg e tabu. E poi forse la divisione di base è data dall’esistenza di numerose tribù (almeno 143). La democrazie è un concetto limitato al solo capo tribù. Il resto sono solo sovrastrutture mentali di noi occidentali. Nell’islam il concetto di democrazia non si trova.
E’ il capo tribù e solo lui che concede o nega la fedeltà al capo che sta a Tripoli. Il rischio che da una triplice divisione (Senussia,Pirenaica, Tripolitania e Fezzan) si passi alla diaspora di tipo somalo è assai concreto.
Infatti nessuno di questi centri occidentali di ricerca aveva previsto le esplosioni di rivolta di oggi. Tutti si erano cullati nell’autoillusione che tutto fosse chiaro e spiegato.
E’ bastato l’aumento del prezzo delle derrate alimentari per far crollare l’edificio di illusioni dei centri di ricerca occidentali.
Nessuno dei corrispondenti in loco aveva mai riferito le infinite violenze di cui erano e sono oggetto tutte le minoranze che a volte come i berberi nel Magreb sono e rimangono la grande maggioranza della popolazione. Solo in Libia i berberi sono una minoranza ma assieme a loro ci sono i tuareg e i tabu. E chi sono i capi tribù che rimangono fedeli a Ghedaffi? Quali i gradi di parentela e interessi fra loro?
L’aspetto più grave della situazione sociale politica e culturale di queste popolazioni profondamente ingenue è che sono disabituate alla  lotta politica da sempre. Infatti, spesso e volentieri l’unico luogo di aggregazione sono le moschee e questa una delle ragioni del successo del fondamentalismo. Perché è solo nelle moschee che si opera fattivamente la beneficenza e l’accoglienza sociale.
Basterà un minimo errore occidentale per riaccenderlo in violente fiammate.
Va escluso l’Egitto (e/o la Siria e Irak) dove ci sono minoranze cristiane che, però, da secoli sono state abituate alla sottomissione alle autorità islamiche e fortemente abituate all’arbitrio violento, da sempre, dall’epoca della conquista di queste stesse autorità. I soprusi personali e sociali sono infiniti e spesso impercettibili.
E’ evidente che la mia visione della condizione dei cristiani nel Mashrek è profondamente antitetica a quella di Franco Cardini o dei francescani di Terrasanta tutta basata sull’unità mistica dei cristiani senza tener presente quello che è stato lo specifico nel sociale nella dottrina neotomista. E soprattutto la condizione sociale dei cristiani nel Mashrek.
Il gregge cristiano quando non ha organizzazioni sociali che lo uniscono, quando c’è la repressione violenta tende a disperdersi. Questa è una semplice verità che ai vari Pizzaballa non viene neanche in mente.
Ma ritorniamo alla questioni di ordine generale. Va detto che questa ondata di rivolte in tutto il Medio Oriente è il primo contraccolpo alla forte crisi economica che ha portato per le enormi masse dei diseredati di questi paesi ad un notevole aumento dei beni di prima necessità e in particolare delle derrate alimentari, del pane in particolare, ma è anche perché in seguito all’espansione produttiva di ben tre  se non quattro mezzi continenti (Cina, India, Brasile e ora anche Sud Africa) c’è stato un aumento dei consumi e quindi una accresciuta domanda di grano e cereali per non parlare di carne ed altri prodotti di prima necessità di impossibile portata per enormi masse umane, anche se in Cina si è cercato per tempo con leggi che non permettono più di un figlio se non a determinate condizioni di maggiori tasse. Anche la scelta USA di usare molti cereali per creare gas e petrolio ha avuto un grosso peso in questi aumenti dei prezzi dei cereali.
L’aumento della popolazione mondiale, soprattutto nel cosiddetto terzo mondo con la contemporanea regressione o stasi demografica nei paesi industrializzati è fonte di nuovi e possibili gravi squilibri mondiali nei rapporti di forza reale a livello mondiale e non si sa dove andranno a parare nel prossimo futuro.
Già si è visto l’afflusso di un numero enorme di profughi dalla Tunisia, ancora non si sa quanti potranno essere dall’Egitto e/o dall’Iran e a maggior ragione della Libia. L’esodo improvviso di tante persone può essere solo una valvola si sfogo provvisorio nell’immediato, ma può provocare un ulteriore declassamento economico di tanti stati islamici.
In ogni caso dimostrano che questi paesi hanno classi dirigenti inadeguate rispetto alle necessità, corrotte, senza prestigio sociale, un potere spesso esercitato con la violenza allo stato puro.
In molte zone, dicevo, l’unica autorità è il capo tribù che spesso usa l’interpretazione cranica a suo libito per giunta insindacabile.
Ma questo non potrà non portare ad ulteriori gravi conflitti sociali con esiti imprevisti e imprevedibili
Già oggi, come ha dimostrato F. Roiatti nel suo saggio Il nuovo colonialismo (Università Bocconi, 2010), nel 2050 sulla terra vivranno presumibilmente 9 miliardi di persone. Per nutrire tutti sarà necessario produrre circa un miliardo di tonnellate in più di cereali.
Il cibo assieme all’acqua stanno sempre più diventando problemi cruciali. Ci sono paesi come la Cina, l’India ma anche Arabia Saudita, Libia e Corea del Sud e gli Emirati arabi che dispongono di notevoli risorse finanziarie ma non di territori ampi di terra agricola e coltivabile e che hanno incominciato a comprare o affittare terra in altri paesi e/o continenti come l’Africa e l’Asia.
Dal luglio 2007 all’aprile 2009 quasi 20 milioni di ettari di terra coltivabile sono stati oggetto di negoziati e accordi fra governi e società private.
Nel libro si racconta chi sono questi neocolonialisti e dove agiscono e quali insidie o opportunità si presentino a loro. Un discorso particolare andrebbe fatto, anzi va fatto, sulla persistenza di regimi tribali in quasi tutti se non tutti gli stati arabo islamici delizia e croce, o se volete causa e effetto o meglio una delle cause delle attuali convulsioni economico sociali. E’ chiaro che il sistema tribale è in perfetta antitesi con la globalizzazione in atto in tutto il mondo. La contemporaneità di queste sollevazioni ricorda il nostro fatidico 1848. E se il 1848 segnò di fatto la fine della Santa Alleanza queste sollevazioni segneranno la fine del regime tribale un po’ in tutti i paesi oppure causa ed effetto di tumulti senza fine come in Somalia? E’ molto probabile che i fondamentalisti cercheranno di convogliare il profondissimo divario sociale contro Israele, ma sono tentativi destinati a ritorcersi contro di loro. Non ci si può cibare di miti. L’incapacità delle classi dirigenti arabe è sotto gli occhi di tutti e soprattutto delle masse enormi di poveri senza arte né parte, senza lavoro. In molti paesi la lotta sta assumendo carattere di lotta fra una minoranza privilegiata sunnita e una maggioranza poverissima sciita. In altri come l’Arabia Saudita è destinata ad assumere i caratteri della lotta fra popolazione (cristiana) immigrata e élite araba locale musulmana. Insomma ci troviamo davanti ad una grande varietà di situazioni che è difficile prevedere quali e quante diverse soluzioni si potranno verificare. Molto dipenderà dall’atteggiamento delle parti in lotta nel corso concreto delle immancabili lotte future. Ogni previsione è quindi prematura.
Conclusioni.
Il processo di scomposizione e ricomposizione di tutta la fascia che va dall’Atlantico al Golfo Persico ha origini e motivazioni complesse ma i due elementi scatenanti sono la crisi social alimentare e generazionale che l’ha resa esplosiva per le gravi deficienze  delle classi dirigenti islamiche guidate da una religione/modo di vita in contrasto stridente con la società globalizzata. Le giovani generazioni sono state toccate dai media e possono fare i loro confronti.
E’ possibile che ci siano linee di questo tipo:
Maghreb: disgregazione fra società arabizzate e berberi (Marocco, Algeria, Tunisia). Per tenerli ancora uniti secoli di vita in comune sono importanti come anche la superiorità della cultura araba. Disaggregazione della Libica e del Sud Sudan dal Sudan ormai avvenuta. Maggior peso dei copti in Egitto.
Mashrek: creazione di enclaves cristiane fra Libano, Siria e Irak. Creazione di un grande stato curdo che ridurrebbe molto la potenza turca (circa il 40% del territorio) e la sua importanza geostrategica. Possibili secessioni in Iran e Pakistan.
Uno scenario dei prossimi 20/50 anni ad essere ottimisti.


                                                                                                                 
                          

                             Renato Risaliti