Su
un argomento del genere, e per quel che ne so, mi saltano subito in mente
le"Ricerche filosofiche" di Wittgenstein e tutti gli altri suoi
scritti, editi in vita o inediti, precedenti o seguenti; tutto insomma, perché
mi pare una voce di una chiarezza e di una sottigliezza ineguagliata, e il più
vicino a me e alle mie stesse idee, tra tutti quelli del celebre Circolo di
Vienna, agli inizi del Novecento.
Trovo
persuasiva la sua Teoria dei giochi linguistici proprio perché non ha niente
della Teoria, rigida e codificata secondo Regole ben precise e invalicabili.
Tutto il contrario! la duttilità e motilità è il suo pregio più evidente. Egli
giunge ad una rivalutazione, tutta sua ed estremamente sottile, del linguaggio
comune, il linguaggio come è effettivamente utilizzato dalla gente.
Che
necessita però di un lavoro di rettificazione e purificazione.
I
giochi linguistici sono come è evidente un sottoinsieme dei giochi in genere:
comune e sottostante a tutti non c'è nessun traliccio portante, nessuna ferrea
struttura: c'è un sapore, un'aria, una parentela: tutto ciò che rende un'anima
alla grande famiglia delle opere e delle azione umane nel mondo. Il mondo sta
sull'altro versante: la roccia dura sopra la quale esse si ergono.
Esistono
regole, e la necessità di regole: esse però mutano forma e colore in
continuazione - a seconda delle azioni e dei "giochi" sui quali si
innestano. Sono utili, servono: ma l'ambizione di una perfetta definibilità,
dell'"esattezza" appartiene al vasto regno dell'utopia. Non perciò
esse vengono meno alla loro funzione trainante.
"Inesatto
è propriamente un rimprovero, ed esatto una lode. E questo vuol dire: ciò che è
inesatto non raggiunge il suo scopo così perfettamente come ciò che è più
esatto. Dunque tutto dipende da ciò che noi chiamiamo lo scopo. E' inesatto non
dare la distanza dal sole a noi fino al metro? e non dare al falegname la
larghezza del tavolo fino al millesimo di millimetro?
Un
ideale di precisione non è prestabilito; non sappiamo come dobbiamo concepirlo
- a meno che non sia tu stesso a stabilire che cosa debba essere chiamato così.
Ma ti sarà difficile dare una determinazione del genere: una determinazione che
ti soddisfi." Ricerche filosofiche, paragrafo 88.
La
filosofia è l’antimetafisica. Essa è destinata a sciogliere i grovigli di
parole e idee, i nodi irrisolti che ricaviamo dalla secolare tradizione ma che
continuamente ancora oggi si riformano: in quanto attinenti alle
caratteristiche stesse dell’essere umano e alla sua razionalità; la quale è
qualcosa di sommamente inconsistente, equivocabile se la cerchiamo d’afferare
mettendoci di fronte, cercando di qualificarla come “oggetto”. E’ l’errore dei
metafisici. Come tutte le altre, non esistono neppure regole logiche; e
nessun’altra Verità colla maiuscola. I chiarimenti filosofici sono chiarimenti
terminologici: stimoli, guide all’azione, purezza mentale, energie che si
liberano.
La
Chiarificazione serve, scioglie le idee e i muscoli; è tuttavia anche un
compito infinito mai di ultimativa
soluzione: ad esso non ci si può comunque sottrarre. I “giochi” crescono, si
sviluppano e muoiono, non senza prima intrecciarsi strettamente tra loro:
giungono a formare la traballante unità della storia. Nessuna sovrastruttura
“architettonica” potrà mai ergersi stabilmente al di sopra, di nessun tipo: né
in campo etico o religioso, né logico (come si diceva), così come appare
momentanea e funzionale la supremazia di qualunque concetto o istituzione.
Per
tutto quanto detto sopra si sarebbe tentati definire Wittgenstein come un
postmoderno antelitteram. Forse più proficuo e interessante è l’aggancio che
voglio tentare con una remota epoca precedente: che nessuno, o non molti – più
modestamente – potrebbe pensare di mettere in contatto con una voce che passa
tra le più aggiornate e vigili del nostro tempo presente: perché gli inizi del
Novecento sono già la “nostra” storia.
Mi riferisco addirittura a Confucio: il celebre saggio e pensatore che si pone
agli inizi del pensiero documentato in Cina e della stessa mentalità cinese,
usi e costumi, con lunghissima scia nella storia di quel paese.
Se
l’aggancio risulterà persuasivo, tutto quanto potrà far riflettere, sui fili
lunghi che intrecciano sotterraneamente la storia; come ogni pensiero – così
alcuni sostengono – sia stato già pensato, ogni tentativo già messo in atto;
pur nella multiforme varietà di Arlecchino che compone il vestito della storia.
Forse un indotto più preciso sarebbe quello della straordinaria modernità del
pensiero antico estremo orientale: almeno quando esso insiste, come oggi in
parte si fa (ma ci sono anche ostinate opinioni contrarie) sulla proficua mancanza
di eccessive rigidità, sulla parziale flessibilità delle “regole” e insieme la
loro relativa necessità. E’ lo stesso collante amebico e perciò multiforme,
proteiforme che animò quell’antica cultura; come dire? la mancanza di
paraocchi, l’agilità mentale, come ripeto la flessibilità, sempre relativa, che
si unisce alla produttività. Manifestata abbondantemente nella ricca vetrina
del millenario Impero.
La
nozione di Regole va qui associata a quella di Riti. La seguente citazione è
tratta dalla “Storia del pensiero cinese” di Anne Cheng: “ Per Confucio essere
umani equivale ad essere in relazione con gli altri, e la natura di tale
relazione è percepita come rituale. Comportarsi umanamente equivale a
comportarsi ritualmente. Bisognerà comprendere che la nozione in oggetto
rovescia l’idea corrente del ritualismo come mera etichetta, vacuo cerimoniale.
Pur se è lecito definire formalistico lo spirito rituale, si tratta di una
forma che almeno nell’ideale etico confuciano si identifica totalmente con la
sincerità dell’intenzione. V’è un perfetto accordo tra la forma esteriore e
l’intenzione interiore. In luogo dei riferimenti alla trascendenza consueti
alla tradizione etica occidentale, qui si trova il riferimento alla tradizione:
ma una tradizione che vive, nelle modalità in cui è rivissuta da
ciascuno”. I riti come canali e binari
dell’azione, dunque: con diverse parole Regole Funzioni.
Fin
qui nel campo dei comportamenti e dell’azione, cioè nel
campo etico. Ma in quello logico? (che naturalmente neppur quello sarà
compiutamente diviso). Abbiamo la sorpresa di una ricerca di raffinamento
terminologico e linguistico di un’estrema purezza, e oso dire modernità. Tutto
risiede nel celebre progetto di Confucio consistente nella (così viene
tradotta) Rettificazione dei Nomi.
Ben
lontano dal confinarsi nel puro ambito specialistico, settoriale esso è bene
inteso (come avrebbe sottoscritto Wittgestein) nella sua vasta portata, anche
politica. Qui cedo la parola a Confucio: “Zilu chiese: Se il principe di Wei
contasse sul vostro aiuto per governare cosa fareste in primo luogo? Il
Maestro: Rettificherei i nomi, senza dubbio. Zilu chiese ancora: ho inteso
bene? Il Maestro forse si sbaglia! Rettificare i nomi, avete detto? E il
Maestro replicò: Zilu, quanto sei rozzo! Quando non si sa di cosa si sta
parlando, un uomo di valore preferisce tacere. Se i nomi non sono corretti non
si possono fare discorsi coerenti. Ecco perché l’uomo di valore usa soltanto
nomi che implicano discorsi coerenti, e parla soltanto di cose che può mettere
in pratica.”
E’
il programma stesso di Wittgestein!
Mauro Raddi
Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore e della fonte da cui è tratto.
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Pubblichiamo
questo articolo, già edito,del nostro socio Mauro Raddi comparso sul n. 101 della rivista
"Il Grandevetro".
Mauro Raddi ha insegnato per vari anni nelle scuole pistoiesi. Si occupa di poesia, letteratura e filosofia ed ha al suo attivo varie pubblicazioni monografiche ed articoli su periodici.
Mauro Raddi ha insegnato per vari anni nelle scuole pistoiesi. Si occupa di poesia, letteratura e filosofia ed ha al suo attivo varie pubblicazioni monografiche ed articoli su periodici.
per l' Associazione Culturale Prometeo, l'Amministratore del blog
AsperaPrometeo: Carlo O. Gori
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