sabato 16 marzo 2013

Mauro Raddi. Wittgestein e Confucio


Wittgestein e Confucio è possibile! *

Su un argomento del genere, e per quel che ne so, mi saltano subito in mente le"Ricerche filosofiche" di Wittgenstein e tutti gli altri suoi scritti, editi in vita o inediti, precedenti o seguenti; tutto insomma, perché mi pare una voce di una chiarezza e di una sottigliezza ineguagliata, e il più vicino a me e alle mie stesse idee, tra tutti quelli del celebre Circolo di Vienna, agli inizi del Novecento.
Trovo persuasiva la sua Teoria dei giochi linguistici proprio perché non ha niente della Teoria, rigida e codificata secondo Regole ben precise e invalicabili. Tutto il contrario! la duttilità e motilità è il suo pregio più evidente. Egli giunge ad una rivalutazione, tutta sua ed estremamente sottile, del linguaggio comune, il linguaggio come è effettivamente utilizzato dalla gente.
Che necessita però di un lavoro di rettificazione e purificazione.
I giochi linguistici sono come è evidente un sottoinsieme dei giochi in genere: comune e sottostante a tutti non c'è nessun traliccio portante, nessuna ferrea struttura: c'è un sapore, un'aria, una parentela: tutto ciò che rende un'anima alla grande famiglia delle opere e delle azione umane nel mondo. Il mondo sta sull'altro versante: la roccia dura sopra la quale esse si ergono.
Esistono regole, e la necessità di regole: esse però mutano forma e colore in continuazione - a seconda delle azioni e dei "giochi" sui quali si innestano. Sono utili, servono: ma l'ambizione di una perfetta definibilità, dell'"esattezza" appartiene al vasto regno dell'utopia. Non perciò esse vengono meno alla loro funzione trainante.
"Inesatto è propriamente un rimprovero, ed esatto una lode. E questo vuol dire: ciò che è inesatto non raggiunge il suo scopo così perfettamente come ciò che è più esatto. Dunque tutto dipende da ciò che noi chiamiamo lo scopo. E' inesatto non dare la distanza dal sole a noi fino al metro? e non dare al falegname la larghezza del tavolo fino al millesimo di millimetro?
Un ideale di precisione non è prestabilito; non sappiamo come dobbiamo concepirlo - a meno che non sia tu stesso a stabilire che cosa debba essere chiamato così. Ma ti sarà difficile dare una determinazione del genere: una determinazione che ti soddisfi." Ricerche filosofiche, paragrafo 88.
La filosofia è l’antimetafisica. Essa è destinata a sciogliere i grovigli di parole e idee, i nodi irrisolti che ricaviamo dalla secolare tradizione ma che continuamente ancora oggi si riformano: in quanto attinenti alle caratteristiche stesse dell’essere umano e alla sua razionalità; la quale è qualcosa di sommamente inconsistente, equivocabile se la cerchiamo d’afferare mettendoci di fronte, cercando di qualificarla come “oggetto”. E’ l’errore dei metafisici. Come tutte le altre, non esistono neppure regole logiche; e nessun’altra Verità colla maiuscola. I chiarimenti filosofici sono chiarimenti terminologici: stimoli, guide all’azione, purezza mentale, energie che si liberano.
La Chiarificazione serve, scioglie le idee e i muscoli; è tuttavia anche un compito infinito mai di  ultimativa soluzione: ad esso non ci si può comunque sottrarre. I “giochi” crescono, si sviluppano e muoiono, non senza prima intrecciarsi strettamente tra loro: giungono a formare la traballante unità della storia. Nessuna sovrastruttura “architettonica” potrà mai ergersi stabilmente al di sopra, di nessun tipo: né in campo etico o religioso, né logico (come si diceva), così come appare momentanea e funzionale la supremazia di qualunque concetto o istituzione.
Per tutto quanto detto sopra si sarebbe tentati definire Wittgenstein come un postmoderno antelitteram. Forse più proficuo e interessante è l’aggancio che voglio tentare con una remota epoca precedente: che nessuno, o non molti – più modestamente – potrebbe pensare di mettere in contatto con una voce che passa tra le più aggiornate e vigili del nostro tempo presente: perché gli inizi del Novecento sono già la “nostra”  storia. Mi riferisco addirittura a Confucio: il celebre saggio e pensatore che si pone agli inizi del pensiero documentato in Cina e della stessa mentalità cinese, usi e costumi, con lunghissima scia nella storia di quel paese.
Se l’aggancio risulterà persuasivo, tutto quanto potrà far riflettere, sui fili lunghi che intrecciano sotterraneamente la storia; come ogni pensiero – così alcuni sostengono – sia stato già pensato, ogni tentativo già messo in atto; pur nella multiforme varietà di Arlecchino che compone il vestito della storia. Forse un indotto più preciso sarebbe quello della straordinaria modernità del pensiero antico estremo orientale: almeno quando esso insiste, come oggi in parte si fa (ma ci sono anche ostinate opinioni contrarie) sulla proficua mancanza di eccessive rigidità, sulla parziale flessibilità delle “regole” e insieme la loro relativa necessità. E’ lo stesso collante amebico e perciò multiforme, proteiforme che animò quell’antica cultura; come dire? la mancanza di paraocchi, l’agilità mentale, come ripeto la flessibilità, sempre relativa, che si unisce alla produttività. Manifestata abbondantemente nella ricca vetrina del millenario Impero.
La nozione di Regole va qui associata a quella di Riti. La seguente citazione è tratta dalla “Storia del pensiero cinese” di Anne Cheng: “ Per Confucio essere umani equivale ad essere in relazione con gli altri, e la natura di tale relazione è percepita come rituale. Comportarsi umanamente equivale a comportarsi ritualmente. Bisognerà comprendere che la nozione in oggetto rovescia l’idea corrente del ritualismo come mera etichetta, vacuo cerimoniale. Pur se è lecito definire formalistico lo spirito rituale, si tratta di una forma che almeno nell’ideale etico confuciano si identifica totalmente con la sincerità dell’intenzione. V’è un perfetto accordo tra la forma esteriore e l’intenzione interiore. In luogo dei riferimenti alla trascendenza consueti alla tradizione etica occidentale, qui si trova il riferimento alla tradizione: ma una tradizione che vive, nelle modalità in cui è rivissuta da ciascuno”.  I riti come canali e binari dell’azione, dunque: con diverse parole Regole Funzioni.
Fin qui nel campo dei comportamenti e dell’azione, cioè  nel  campo etico. Ma in quello logico? (che naturalmente neppur quello sarà compiutamente diviso). Abbiamo la sorpresa di una ricerca di raffinamento terminologico e linguistico di un’estrema purezza, e oso dire modernità. Tutto risiede nel celebre progetto di Confucio consistente nella (così viene tradotta) Rettificazione dei Nomi.
Ben lontano dal confinarsi nel puro ambito specialistico, settoriale esso è bene inteso (come avrebbe sottoscritto Wittgestein) nella sua vasta portata, anche politica. Qui cedo la parola a Confucio: “Zilu chiese: Se il principe di Wei contasse sul vostro aiuto per governare cosa fareste in primo luogo? Il Maestro: Rettificherei i nomi, senza dubbio. Zilu chiese ancora: ho inteso bene? Il Maestro forse si sbaglia! Rettificare i nomi, avete detto? E il Maestro replicò: Zilu, quanto sei rozzo! Quando non si sa di cosa si sta parlando, un uomo di valore preferisce tacere. Se i nomi non sono corretti non si possono fare discorsi coerenti. Ecco perché l’uomo di valore usa soltanto nomi che implicano discorsi coerenti, e parla soltanto di cose che può mettere in pratica.”
E’ il programma stesso di Wittgestein!



                                                                                                                                                                                     


Mauro Raddi





Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore  e della fonte da cui è tratto.
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Pubblichiamo questo articolo, già edito,del nostro socio Mauro Raddi comparso sul n. 101 della rivista "Il Grandevetro"
Mauro Raddi ha insegnato per vari anni nelle scuole pistoiesi. Si occupa di poesia, letteratura e filosofia ed ha al suo attivo varie pubblicazioni monografiche  ed articoli su periodici.
                                                          per l' Associazione Culturale Prometeo, l'Amministratore del blog         
                                                                                               AsperaPrometeo:  Carlo O. Gori        
                              







                                                                                                                                                                                    

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