Per
i 150 anni dell’unità nazionale tra i tanti libri usciti spicca questo romanzo
-fiume di Giancarlo De Cataldo che costituisce un evento importante. De Cataldo
è anche l’autore, insieme al regista Mario Martone, della sceneggiatura del
film Noi credevamo dedicato al
Risorgimento.
Il
romanzo racconta tutto o almeno una parte significativa di quell’epopea,
avvalendosi di un’originale impostazione storica e di un perfetto taglio
narrativo. L’autore ha diviso la narrazione in lunghi capitoli dedicati
ciascuno ad una fase cruciale del periodo che va dai moti mazziniani del 1844 in Calabria, attraverso l’attività
e i tentativi eversivi che vedono all’opera le varie formazioni patriottiche in
lotta contro i regimi assolutisti, e si spinge attraverso quei convulsi decenni
fino alla proclamazione dell’Unità, e agli ultimi tentativi garibaldini di
conquistare Roma con le armi.
Il
romanzo si avvale della fluidità e dell’eleganza della narrazione, nella quale
si intrecciano descrizioni di ambienti (anche non italiani, per esempio la
Londra dove Mazzini e altri patrioti sono in esilio ),i dialoghi tra i
personaggi e soprattutto molte azioni, politiche e militari, descritte in modo
vivace con una tecnica quasi teatrale e cinematografica. Tra i nodi narrativi
meglio raccontati vorrei segnalare l’attentato contro Napoleone terzo compiuto
a Parigi da Felice Orsini e dai suoi amici, che provocò un’orrenda strage senza
peraltro raggiungere l’obbiettivo.
I traditori è dunque un racconto vibrante in
cui sono rappresentati fatti, situazioni, conflitti politici e personali, e
quindi balzano in primo piano ideologie e lotte politiche: i temi che hanno
interessato per anni la ricerca storiografica sul Risorgimento ma che forse
hanno lasciato pressoché indifferente in Italia il grande pubblico.
Magari
proprio il libro di De Cataldo potrebbe far scoprire a chi conserva soltanto
pallidi ricordi scolastici del Risorgimento, che esso fu un grande evento,
nonostante le ambiguità, le doppiezze di alcuni suoi protagonisti e i nodi
storici irrisolti (per esempio la questione meridionale) che ha lasciato in
eredità. Insomma molti da un libro come questo potrebbero convincersi che il
Risorgimento fu pur con i suoi difetti un periodo di grandi sogni e di
passioni, da amare dunque e non da disprezzare, e sicuramente da conoscere
meglio.
La
narrazione di De Cataldo mette in scena numerosi attori: cospiratori, giovani
rivoluzionari, idealisti e attentatori, gente del popolo e naturalmente i
grandi protagonisti come Carlo Alberto, Mazzini, Garibaldi e Cavour. L’autore
fa intrecciare le vite dei personaggi storici con quelle di personaggi di
fantasia, e l’aver inserito episodi romanzati accanto a quelli veri a mio
parere giova non poco al risultato artistico. Ci sono regnanti e comprimari, in
azione nelle insurrezioni, nelle guerre d’indipendenza, nella difesa di Roma
nel 1849; ed accanto ad essi troviamo le spie, i doppiogiochisti, i
trafficanti, e perché no anche mafiosi e camorristi, in un caleidoscopio di
azioni coraggiose ed eroiche mischiate con i sotterfugi, i calcoli di potere,
le viltà ecc., in modo tale che tutti, aristocratici borghesi e popolani
vengono a recitare una specie di happening nazionale che molto assomiglia a
quello che sovente si è ripetuto nel nostro paese e che, mutatis mutandis, si
ripete ancor oggi.
Al
centro di tutto vi è soprattutto Giuseppe Mazzini, visto nei vari spostamenti
cui lo costrinsero le esigenze rivoluzionarie e la caccia che gli davano i
governi reazionari e le polizie di mezza Europa, mentre sul suo capo pendeva
una condanna a morte.
Se
Mazzini è il protagonista storico, quello “inventato” è il barone veneziano
Lorenzo di Vallelaura, arrestato nel ’44 in Calabria e costretto a diventare
spia degli Austriaci per aver salva la vita. E come spia Lorenzo fa da filo
conduttore del racconto, sempre al centro degli eventi e delle macchinazioni,
impeccabile nell’eseguire il suo compito di riuscire sempre a sapere tutto
quello che Mazzini, il Maestro, ordisce ai danni dell’Austria, e capace sempre
di non farsi smascherare, anche se qualcuno intuisce chi è, anzi sembra averlo
capito Mazzini stesso ma non lo rivela a nessuno. In fondo quella spia così
intelligente fa comodo a tutti. E Lorenzo benché sia una spia direi che si
dimostra il più bravo di tutti. Fra tanti rivoluzionari incapaci e pasticcioni
egli è professionalmente impeccabile. Ed è giusto perciò che finisca la sua
carriera da eroe. Questo spione, che aveva cominciato come rivoluzionario, lo
troviamo nel 1867 sulle barricate di Villa Glori a combattere nell’ultimo
disperato tentativo dei garibaldini di conquistare Roma con le armi, senza
aspettare l’aiuto delle diplomazie europee come avverrà con Porta Pia nel 1870.
“Mani robuste lo afferrano, qualcuno gli massaggia le costole a calci, un
ufficiale ordina di legarlo e metterlo insieme agli altri. A notte lo portano
al carcere del San Michele. Ancora vivo”.
Giancarlo
De Cataldo. I traditori, Torino,
Einaudi, 2010, pp. 554, euro 21.
Leandro Piantini
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.