Corrispondenze dall’Italia
risorgimentale 1861-62
Lev Ili'ič
Meč'nikov è un giovane russo dell’Ottocento, colto ed intelligente, acuto,
inquieto ed impaziente, studioso e sensibile ai problemi sociali. Proviene da
una famiglia ricca di maggiorenti della casata degli Spadarenko di lontana
origine ebraica-moldava che ha possedimenti anche in Ucraina a Charcov. Tra
l’altro un suo fratello minore, Ilja Ili'ič, diverrà
un famoso biologo a sarà premio Nobel 1908 per la medicina ed anche Lev inizialmente
studia medicina a S. Pietroburgo, ma poi finirà per laurearsi in
fisico-matematica. A
Meč'nikov (d’ora in poi, qui, M.) l’amata “grande Russia” che fin da giovanissimo
già ben conosce, risulta in fondo per… “stare stretta”, per cui viaggia molto all’estero,
e studia, e rapidamente si impadronisce di varie lingue europee ed anche dell’arabo
e del turco. M. vuole allargare i suoi già innumerevoli interessi e fra questi l’arte,
avendo frequentato l’Accademia Belle Arti a S. Pietroburgo, e quindi non
potrà che finire per amare. anche e soprattutto, l’Italia, attratto dalla sua
pittura, ma anche dai fermenti rivoluzionari ed unitari che agitano la Penisola tanto che
diventerà garibaldino e partendo da Firenze con la spedizione Nicotera parteciperà
come ufficiale, dalla Sicilia in poi, a varie fasi della Campagna Meridionale, venendo
infine seriamente ferito a Capua.
M. ha uno spirito di osservazione e comprensione
acutissimo della realtà italiana favorito dalla sua grande preparazione
culturale, dalle sue esperienze sul campo e dalla perfetta conoscenza della
lingua: da ciò deriveranno le sue numerose corrispondenze dall’Italia – che non
sempre riusciranno a passare del tutto indenni attraverso la censura zarista - per
le riviste russe "Russkij
Vestnik" e poi “Sovremennik”.
Com’è noto,
anche da nostre precedenti recensioni, le ricerche di queste corrispondenze di
M. negli archivi russi, da parte di Renato Risaliti e dello studioso ucraino
Mykola Varvarcev, porteranno alla traduzione alla cura ed alla pubblicazione, per
le edizioni del CIRVI, da parte di Risaliti, dello splendido diario-reportage
sulla spedizione dei Mille Memorie di un garibaldino (2007), e poi, nel 2011, di Memorie
di un garibaldino russo ed altri testi e di Sull'Italia
risorgimentale che riportava tre (Da Siena, Lettere
dalla Maremma toscana, Aspromonte) dei tanti saggi di M. sull'Italia,
scritti a Campagna conclusa.
Essendo gli altri
articoli dell'intellettuale russo tuttora
in via di reperimento nelle biblioteche russe e ucraine, il lavoro di Risaliti è
un work in progress, pertanto in questo 2015 lo slavista italiano pubblica,
sempre per le edizioni del CIRVI di Torino, nuovi illuminanti contribuiti di M.
raccolti sotto il titolo “Corrispondenze
dall’Italia risorgimentale” . Sono nove articoli, scritti e pubblicati fra
il 1861 e il 1862 su “Sovremennaja letopis” (Annali contemporanei) allegato del
“Russkij vestnik” (Messaggero russo), su cui egli aveva già pubblicato le Memorie di un garibaldino.
Queste
nuove corrispondenze di M. pubblicate ora in Italia, frutto dei suoi viaggi e
delle informazioni da lui tratte dalla attenta lettura dei giornali della
Penisola, inviate soprattutto da Siena (dove
abitualmente in questo periodo risiede ospite di garibaldini locali) o Lucca, sono
spesso dei pretesti letterari per delineare, partendo dall’attualità politica,
anche le caratteristiche storiche, socio-economiche e culturali di varie
regioni italiane.
Seppur
unitarie nel tempo (1861-62) varie sono le differenze tematiche nelle
corrispondenze di M. raccolte in questo libro. Ad esempio nello scritto dedicato a Crispi e la Sicilia M. riesce a sintetizzare in modo profondo
la diversità fra la religione popolare dei Siciliani e quella dei Napoletani
senza trascurare le differenze dalle credenze dei Calabresi e delle altre
regioni meridionali, oltre ad individuare le diversità di comportamento fra il
clero e il popolo siciliano e napoletano. In quest’ultimo vede, oltre le apparenze, una profonda incredulità religiosa
tale da rasentare l'ateismo ad es. quando i napoletani riescono persino a
mercanteggiare la credenza religiosa. In sostanza M. oltre che la profonda, inconciliabile inimicizia fra i
Siciliani e i Napoletani (che secondo lui potrà essere solo temperata nell'
ambito del processo di integrazione nella costruzione della patria più grande,
l'Italia) vede con tanto anticipo tutti i termini della questione siciliana,
come aspetto particolare nell’ambito della più generale “questione
meridionale”, e nota con acutezza tutte le peculiarità dell’Isola: “La Sicilia è uno di quei paesi
in cui la verità è molto meno simile, alla verosimiglianza; essa in tutti i
sensi se ne sta sola soletta e farsene un concetto in analogia con altre parti
del mondo, in particolare con le restanti province italiane - è impossibile”. M. porta ad esempio invece, l'atteggiamento del clero siciliano,
in gran parte favorevole al moto nazionale, diversamente a quello di tutto il
resto dell'Italia, fortemente contrario.
I Siciliani per M. hanno sopportato con i Borboni del Regno delle Due
Sicilie la perdita dell' autonomia tanto cara al loro clero, ma se con l’Unità il governo nazionale non verrà loro incontro,
questa apparente assenza potrà tramutarsi in un vasto movimento
indipendentista. M. quindi si rende pienamente conto che la Sicilia presenta
tutti i termini di una questione nazionale che può e deve essere affrontata con
una politica che tenga conto delle sue oggettive ed originali peculiarità e
viceversa nota
invece che Crispi, con il suo
schema ottusamente tout-court unitaristico e la sua tendenza a risolvere i
problemi con la forza, non si dimostra
creativo e attento alle particolarità della sua isola natale. Anche in questo caso M. dimostra una perspicacia e una
esattezza di analisi fuori del comune ed è un anticipatore geniale di una
elaborazione che verrà successivamente da parte delle menti più creative e
aperte come ad es. dalle successive indagini di Antonio Gramsci.
In altra
corrispondenza M. si sofferma su un particolare aspetto della politica
piemontese: quello che ad es. lui rappresenta analizzando il rapporto fra
Cavour e Rattazzi. Per M. sono due uomini che, per creare le condizioni
avanzamento civile degli Stati sardi, non avevano esitato a fare rinunce serie
rispetto alle loro concezioni originarie per trovare un punto medio di incontro.
M., , poco dopo la morte del conte
Cavour, riconosce la genialità della sua opera e quindi ne constata la
superiorità su Rattazzi, l'uomo della borghesia imprenditoriale che aveva
accettato di sacrificare alcune pretese della classe che rappresentava per
permettere la governabilità dello Stato piemontese assieme ad una nobiltà che
si stava imborghesendo e della quale cui Cavour era un alto rappresentante. In ciò – come nota Risaliti – M. intravede una caratteristica che diventerà
una costante della storia italiana e cioè “il connubio” fra il centro destra e
il centro sinistra.
Del banditismo italiano
M. parla invece nel VI capitolo, soffermandosi su coloro che vi entrarono,
dagli sbandati ai clerico-borbonici convinti, e senza infingimenti, da buon laico e fiero
anticlericale, ne individua i finanziatori e gli organizzatori nella Curia romana
ed in Francesco II.
Analizzando invece
le vicende senesi e la locale contesa fra liberali e clericali dopo l’ufficiale
proclamazione dell' Unità del 1861, M. ci
introduce nel pieno della lotta politica italiana nel suo corso. La battaglia
per il raggiungimento di una concreta e reale unità del Paese prosegue, con non
meno vigore, ovunque: fu, quella risorgimentale, una grande lotta dei liberali e
dei democratici contro la millenaria influenza politica conservatrice della Chiesa
che venne, in quelle circostanze e per lungo tempo (almeno fino al mussoliniano
Concordato) sconfitta, malgrado il grande prestigio che la Chiesa ancora aveva
nelle masse popolari, soprattutto contadine.
Nel VII capitolo
M. ci porta invece nel pieno di una manifestazione popolare a Napoli: un
esempio di come la lotta politica post-unitaria fosse accesa, agguerrita e
senza esclusione di colpi ed in questa circostanza l'autore descrive e ammira
le capacità dei napoletani di organizzare pittoresche manifestazioni di strada.
Nel descrivere,
in altro scritto, la figura politica del patriota democratico e federalista
toscano Giuseppe Montanelli ed in
particolare la vicenda della sua
elezione a deputato, contestata a lungo, M. constata che i “moderati più moderati” e
1'opposizione progressista insieme condividono il comune scopo dell'Unità
d'Italia, ma poi finiscono per attaccarsi aspramente fra loro su aspetti
sostanzialmente secondari del processo unitario.
Nelle
corrispondenze da Lucca M. si sofferma soprattutto sul perché la città è
ritardataria nella istituzione di Società Artigiane e poi parla in particolare della
cittadina di Bagni di Lucca e della sua passata importanza nel “grand tour”,
soprattutto quello degli aristocratici inglesi.
In altre pagine
le escursioni storiche di M. si soffermano su passate figure italiane , come
quella di Francesco Ferrucci, descrizione che nel caso gli serve anche per
decantare le bellezze di Gavinana e della Montagna pistoiese.
M., in altra
corrispondenza, continua a seguire gli aspetti associativi di società italiane
risorgimentali, laiche e progressiste, come nel caso dell'azione dei Comitati
di Provvedimento e soprattutto riporta il regolamento delle società di
Carabinieri Volontari Mobili, organizzazioni che la storiografia italiana ha
spesso dimenticato, ma che ebbero la loro rilevanza interna e internazionale
come dimostra appunto questo scritto.
Come nota
Risaliti: “Queste corrispondenze sono scritte da un viaggiatore, ma un
viaggiatore che è anche combattente per l'unità e la libertà dell'Italia per
cui ha versato tanto sangue fin quasi a perdere la vita. M. è un viaggiatore in Italia che si rivela
contemporaneamente combattente, studioso profondo e perspicace della sua
storia, arte, cultura; composizione sociale, attento a tutti gli svolgimenti
della vita politica dell'Italia a lui contemporanea. Egli è non solo un
osservatore attento della nostra realtà, ma anche un fine analista
politico-sociale delle varie regioni del regno d'Italia appena costituito. E
tutto questo quando era ancora molto giovane: aveva appena 22-23 anni! Eppure
fornice dei giudizi sullo svolgimento degli avvenimenti politici e sociali he
anticipano quelli della pubblicistica italiana di allora e della storiografia
contemporanea.”
Per il prossimo
futuro attendiamo da Risaliti, e dal prosieguo delle sue notevoli ricerche su
M., pubblicazioni di ulteriori stimolanti scritti di questo straordinario
“garibaldino russo”!
Lev Ili'ič
Meč'nikov, Corrispondenze dall’Italia
risorgimentale, a cura di Renato Risaliti, Torino, CIRVI, 2015, pp. 138,
Euro 24
Recensione per le riviste "Slavia" e "Camicia rossa"
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.