Ucraina:
terra di incontri e scontri
Questa
non è una definizione teorica aprioristica, ma l’esatta analisi della storia di
questo paese assai complesso. E’ un vaso di Pandora che è stato aperto.
Forzare
la situazione com’è stato fatto nei secoli è sempre stato causa ed effetto di
grandi sconvolgimenti geopolitici.
Per
quel che mi riguarda ho già affrontato ripetutamente il problema ucraino in
numerosi scritti disseminati nel tempo su varie pubblicazioni e vorrei non
ripetermi, ma che sono condensati nella mia Storia
problematica della Russia ormai stampata in ben 11 volumi fino all’articolo
recente su “Koinonia” (2014 n.3). In quest’ultimo articolo sostenevo che
l’unica soluzione possibile per mantenere l’unità dell’Ucraina è “la soluzione
federale”.
Perché?
In primo luogo, i motivi storici per cui l’Ucraina del II dopoguerra è quella
che volle Stalin per indebolire la Germania spostando i confini della Polonia
di circa 500 km a ovest.
Gli
avvenimenti successivi all’accordo del 21 febbraio u.s. sono stati disattesi di
seguaci del Maidan. L’accordo, se così si vuol chiamare la “capitolazione” di Janukovič
di fronte ai rivoltosi perché ne accettava tutte le richieste senza ottenere le
garanzie effettive del ritiro degli armati del Maidan se non sulla parola dei
ministri degli esteri francese, tedesco e polacco che poi se la sono rimangiata.
Tuttavia, legalmente il presidente legittimo rimane Janukovič anche se il colpo di mano dei rivoltosi ha
creato le premesse degli sconvolgimenti cui stiamo assistendo nelle ultime due
settimane.
Nel
periodo che va da dicembre al 21 febbraio ero rimasto sorpreso perché
l’agitazione era limitata alla Galizia (Leopoli) e alcuni governatorati vicini,
ma l’Est (quella che era stata chiamata Novorossja) restava calmo e tranquillo.
Solo dopo la fuga obbligata di Janukovič che alla prova dei fatti si è rivelato
un uomo politico e di stato poco avveduto, e alla fine abbandonato anche dagli
oligarchi che lo avevano appoggiato, l’Ucraina sud orientale ha incominciato ad
agitarsi e esplodere nelle sue città più importanti (Odessa, Donetsk, Lugansk,
Dnepropetrovsk, Charkov) e non solo la Crimea. E ora è facile prevedere che
impedire le agitazioni nell’Ucraina sud orientale sarà impossibile a causa
dello status del russo e la situazione economica.
Questo
è avvenuto perché la Rad ucraina aveva approvato una legge “folle” e cioè il
russo non era più riconosciuta una delle due lingue ufficiali dell’Ucraina:
ucraino e russo. Per sopramercato i seguaci del Maidan hanno circondato i
maggiori centri dell’Ortodossia come la Laura delle Grotte e il Monastero
Pačaev pretendendo che passassero dal Patriarcato di Mosca a quello di Kiev
(Filaret) non riconosciuto canonicamente dalle chiese ortodosse.
Queste
azioni hanno finito per estendere la situazione di tensione alla Russia tanto è
vero che anche domenica 9 marzo ci sono state manifestazioni pro lingua russa
estese anche all’Estremo Oriente russo.
Ho
ascoltato in diretta il dibattito al Senato russo e i discorsi dei leaders dei
vari partiti. Tutti molto accesi contro i nazionalisti ucraini e i loro
protettori occidentali. Nella situazione russa il più moderato è Putin persino
più del Presidente del Consiglio Medvedev.
Putin
è astretto dalle richieste dei suoi, se dovesse cedere all’orgoglio ferito della
Russia sarebbe sicuramente sfiduciato perché di tutte le richieste e leggi che
gli insorti del Maidan potevano fare quella di proibire l’uso della lingua
russa era l’unica che non doveva neanche essere pensata perché è una cosa
stupida. E basta.
La
trasformazione dell’Ucraina in repubblica federale è necessaria anche perché
l’Ucraina occidentale è agricola, mentre quella orientale è industriale e da
secoli vive in osmosi con l’industria russa. Pensare che possa essere staccata
dai suoi mercati tradizionali è semplicemente senza prospettive durature. Il
contrasto non è quindi solo per un problema di gas come ci vogliono far credere
tante persone disinformate. Quindi i motivi etnici si saldano strettamente a
quelli sociali per cui l’Ucraina Orientale ha vissuto e vive in simbiosi con il
mercato russo, con la Russia.
La
prospettiva dell’associazione all’U.E. non è percorribile. Credo che nessun
governo ucraino, anche il più dittatoriale, possa reggere all’impatto
travolgente di questa parte dell’Ucraina tanto più che ai suoi confini c’è la
Grande Russia.
Inoltre,
se molti fanno affidamento sulla forza dirompente dei tatari di Crimea dopo
l’annessione alla Russia, cosa peraltro da dimostrare alla luce della presenza
in Russia dei Tatari della Volga che anche la settimana scorsa sono stati in
Crimea a perorare la causa dell’unità coi Russi alla luce delle proposte del
governo di Crimea di inserirli nella compagine governativa.
E’
questa dei tatari, mi pare, la classica questione trattata nel Vangelo: si vede
il bruscolo nell’occhio dell’altro e non la trave nel proprio occhio.
Infatti,
gli ultranazionalisti dei Maidan dovrebbero guardarsi alle proprie spalle.
Nella regione dei Carpazi vive una piccola ucraina, la Russia rossa (Ushgorod)
cioè i Rusini che da secoli rivendicano l’indipendenza che Kiev ha sempre
negato. E non solo. Accanto a loro ci sono gli ungheresi che rivendicano
(assieme al governo ungherese) di essere inclusi nell’Ungheria. Più a sud ai
confini con la Moldavia romena vivono i romeni (a Cernovec) che
rivendicano l’ingresso nella Romania.
Come
si vede si tratta di una situazione assai ingarbugliata. Gli emissari
americani, mi pare, che non si siano resi ben conto della complessità della
situazione ucraina ma tutto questo, in ultima analisi, non solo non va a
vantaggio della UE, ma al contrario crea una situazione pericolosa per i paesi
della Comunità Europea perché nei paesi baltici vivono altri milioni di russi
che oggi sono nella comunità europea senza diritti umani riconosciuti.
Gli
analisti occidentali mancano poi di adeguate conoscenze storiche perché, a mio
giudizio, non hanno ben capito due cose:
1)
Quando Putin ha trasferito la festa nazionale dal 7 novembre (rivoluzione
sovietica) al 4 novembre (data della insurrezione di Mosca contro i polacchi il
4 novembre 1612) e anno della fondazione della Russia dei Romanov ha voluto
dire che il pericolo da cui bisogna guardarsi deriva da Occidente. Da qui la
riconferma dell’Alleanza di ferro politico economico militare fra Russia e Cina
per continuare la tradizione russa inaugurata da Aleksandr Nevskij, santificato
dalla Chiesa Ortodossa Russa.
2)
L’accenno del rappresentante del Presidente russo alla necessità di
“raccogliere le terre” russe è la continuazione della politica perseguita da Mosca
dal Trecento a Cinquecento. La Crimea non è che la prima foglia del carciofo
che la Russia, se vuole ritornare ad essere un popolo unito sotto un’unica
bandiera, non può non proseguire. E qui ritorna la “follia” del Presidente
americano Bush padre che volle la divisione dell’URSS in opposizione a Giovanni
Paolo II che conosceva bene i vicini russi.
Quindi l’unica soluzione accettabile per la
Russia è la “finlandesizzazione” dell’Ucraina con uno stato federale come ha
scritto recentemente l’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger.
Ogni
altra via non potrà non portare ad una nuova guerra di imprevedibili
proporzioni.
Renato Risaliti